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Autore: Paolo Garimoldi

IL DISTACCO DI RETINA

Il distacco di retina costituisce un’urgenza oculistica che, se non affrontata tempestivamente, provoca la cecità.

Cause
La retina è una membrana posta nella porzione posteriore dell’occhio, che svolge un ruolo fondamentale nel meccanismo della visione.
Nella retina sono localizzate le cellule nervose, i fotorecettori, coni e bastoncelli, che trasformano l’energia luminosa in impulsi che vengono inviati al cervello attraverso i nervi ottici.
La retina ha un’adesione debole al tessuto posto dietro di essa, che ha la funzione di provvedere agli scambi metabolici per il suo funzionamento: l’epitelio pigmentato.
L’adesione della retina all’epitelio pigmentato è garantita dell’azione di pompa che l’epitelio pigmentato svolge, e che permette di mantenere asciutto lo spazio virtuale che lo separa dalla retina.
Il passaggio di liquido all’interno di questo spazio determina uno scollamento della retina dall’epitelio pigmentato.

Il distacco di retina si verifica quando l’umor vitreo, una struttura di consistenza gelatinosa che riempie la parte posteriore della cavità oculare, si stacca dalla retina.
Questo avviene di solito per colliquazione del vitreo in seguito all’invecchiamento, ma può avvenire anche per effetto di un trauma sul bulbo oculare.
Nella maggior parte dei casi il distacco del vitreo non provoca danni alla retina.
Ma in alcuni casi, in particolare in presenza di aree di retina più fragili chiamate degenerazioni regmatogene, il distacco del vitreo provoca una o più rotture della retina,  attraverso le quali un liquido di densità simile all’acqua passa dalla cavità vitrea nello spazio sottoretinico, tra retina ed epitelio pigmentato, scollando progressivamente la retina.
Il distacco avviene in tempi rapidi in presenza di rotture grandi, multiple, poste in alto e con  trazione del vitreo sui bordi delle rotture; più lentamente per rotture piccole e poste in basso.

                                            Genesi del distacco della retina

Sintomi
Il distacco del vitreo provoca la comparsa di corpi mobili nel campo visivo, che hanno l’aspetto di punti, linee, ragnatele e lampi ai margini del campo, visibili al buio, che sono espressione della trazione del vitreo sulla retina.
Il distacco di retina inizialmente può non provocare alcun sintomo, manifestandosi con la comparsa di una zona nera nel campo visivo quando coinvolge le porzioni più centrali della retina. Quando  il distacco raggiunge la macula, cioè la parte centrale e più nobile della retina, si ha la perdita della visione centrale e distinta.
Se coinvolge tutta la retina, provoca cecità completa.

                                            La visione nel distacco di retina

Diagnosi
La diagnosi di distacco di retina viene posta durante la visita oculistica attraverso l’esame del fondo dell’occhio.
E’ importante poi eseguire un esame del fondo più dettagliato con l’applicazione di una particolare lente a contatto, per esaminare meglio il fondo oculare, valutare le caratteristiche del distacco e identificare le rotture.

Terapia
In presenza di una rottura retinica in piano o con un minimo sollevamento dei bordi, si può tentare di arrestare la progressione dell’iniziale distacco effettuando un trattamento di sbarramento laser.
Quando il distacco è conclamato, occorre ricorrere a un intervento chirurgico.
Vi sono due possibili soluzioni chirurgiche per il distacco di retina.
Si può ottenere l’adesione della retina spingendo dall’esterno la sclera, l’epitelio pigmentato e la retina contro il corpo vitreo, intervento cd. ab esterno.
Oppure si può intervenire all’interno del bulbo oculare attraverso l’asportazione dell’umor vitreo, ottenendo l’adesione della retina all’epitelio pigmentato con l’iniezione nell’occhio di sostanze tamponanti come gas o olio di silicone.
Il chirurgo oculista, in funzione delle caratteristiche del distacco, valuterà quale soluzioni adottare.

 Laser su rottura retinica                             

LA CORIORETINOPATIA SIEROSA CENTRALE

La corioretinopatia sierosa centrale è una malattia causata da un accumulo di fluido sotto la retina, che provoca un deterioramento della funzione visiva.
E’ una malattia che colpisce più frequentemente persone relativamente giovani, tra i 30 e i 50 anni, e generalmente presenta una remissione spontanea, anche se in alcuni casi tende a recidivare.

Cause
Alla base della malattia vi è un aumento della permeabilità dei vasi della corio capillare, ossia lo strato di piccoli vasi posto dietro l’epitelio pigmentato e la retina.
Ciò determina un edema della coroide, in cui il plasma accumulato fuori dai vasi esercita pressione sull’epitelio pigmentato, superando infine la barriera rappresentata dall’epitelio pigmentato e accumulandosi sotto il tessuto retinico, sollevandolo.
L’aumentata permeabilità della coriocapillare è correlato all’aumento nel sangue dei livelli di cortisolo, un ormone che interviene nell’inibire le funzioni corporee non indispensabili nel breve periodo, garantendo il massimo sostegno agli organi vitali.
Il cortisolo viene liberato dall’organismo in condizioni di stress; per questo motivo la corioretinopatia sierosa centrale si manifesta di solito in periodi in cui una persona vive un periodo di particolare stress fisico o emotivo.

Sintomi
La corioretinopatia sierosa centrale può provocare visione annebbiata e più scura nell’occhio colpito rispetto all’occhio controlaterale, deformazione delle immagini e calo del visus.
Di solito, i sintomi regrediscono progressivamente e completamente nel corso di qualche mese con il riassorbimento del liquido sottoretinico; tuttavia, in rari casi, può instaurarsi un danno permanente dei fotorecettori, che provoca un danno permanente alla funzione visiva.
In alcuni casi, dopo il primo episodio, la malattia tende a ripresentarsi, assumendo un andamento cronico (in questo caso si parla di epiteliopatia cronica).
In queste forme si assiste progressivamente a un deterioramento della funzione visiva.

Diagnosi
La diagnosi di corioretinopatia sierosa centrale viene posta durante la visita oculistica all’esame del fondo dell’occhio, e viene confermata con l’esecuzione di OCT, che permette di evidenziare meglio di qualunque altro esame il sollevamento retinico, e con la fluorangiografia, che mostra la diffusione del liquido sottoretinico.
Può essere utile, inoltre, eseguire un’angiografia con verde d’indocianina, un esame angiografico che permette di evidenziare la coroide, mostrando aree di aumentata permeabilità della coriocapillare clinicamente silente

Terapia
La terapia che si è dimostrata essere più efficace nel favorire il riassorbimento del liquido sottoretinico è quella con eplerenone, un diuretico che deve essere assunto per bocca per almeno 2 mesi. 
Durante l’assunzione della terapia, è importante monitorare l’andamento della malattia con l’esecuzione di OCT, ed eventualmente con la fluorangiografia.
Nei casi refrattari alla terapia con eplerenone, è possibile sottoporre l’area retinica interessata a terapia fotodinamica, un trattamento che induce un’ischemia transitoria e un rimodellamento della rete di vasi della coriocapillare.

LA CONGIUNTIVITE

La congiuntivite consiste in un’infiammazione della congiuntiva, quel sottile strato di tessuto che copre la superficie interna delle palpebre e quella anteriore del bulbo oculare.
La congiuntiva viene lubrificata dalla secrezione emessa dalle ghiandole lacrimali, e ha la funzione di difendere l’occhio dai microrganismi e di proteggerlo da sostanze e oggetti estranei.
La congiuntivite è una delle malattie oculari più comuni, e può manifestarsi in forma acuta o cronica.
Può colpire un solo occhio e poi estendersi ad entrambi.

Cause
La congiuntivite può essere:

  • Infettiva

Può essere causata da un’infezione virale, batterica, o da altri microorganismi.
Le più diffuse sono le congiuntiviti virali, che a volte si manifestano insieme a infezioni delle alte vie aeree che producono raffreddore, mal di gola, febbre.
Spesso le congiuntiviti virali hanno carattere epidemico e sono molto contagiose.
Si trasmettono da un occhio all’altro e fra persone della stessa famiglia o nell’ambito di comunità, come le classi scolastiche.
Le congiuntiviti batteriche possono essere provocate da moltissimi tipi di batteri.
In rari casi, nei neonati possono derivare da infezioni sessualmente trasmesse, come la clamidia o la gonorrea.
Le congiuntiviti batteriche possono associarsi a un processo infettivo/infiammatorio della palpebra chiamato blefarite, in questo caso si parla di blefarocongiuntivite; oppure interessare anche la cornea, e in tale caso si tratta di cheratocongiuntivite.
Nei bambini entro il primo anno di vita spesso si osservano congiuntiviti batteriche ricorrenti, che sono dovute alla mancata apertura del dotto naso lacrimale.

  • Allergica

Si instaura per una reazione allergica e generalmente si manifesta in persone che soffrono anche di altre manifestazioni allergiche, come raffreddore, asma o dermatite.
Le congiuntiviti allergiche possono essere provocate dal contatto con sostanze come pollini, acari della polvere, peli di animali, farmaci.
Nelle congiuntiviti allergiche i disturbi (sintomi) dipendono  dalla sostanza (allergene) che ha causato l’allergia.
Se le sostanze che causano l’allergia (allergeni) sono presenti solo in un particolare periodo dell’anno, la congiuntivite avrà un carattere stagionale.
Tipicamente, la congiuntivite allergica è sempre bilaterale e, altrettanto tipicamente, si manifesta nel periodo primaverile e estivo.

  • Reattiva

La congiuntivite è reattiva quando deriva dal contatto con sostanze chimiche irritanti o agenti fisici di varia natura.
Può derivare dal contatto con sostanze chimiche quali saponi, cosmetici, acidi, alcali, oppure dall’esposizione ad agenti fisici di varia natura, come i raggi solari e altre radiazioni.

Sintomi
I disturbi provocati dalla congiuntivite includono arrossamento, lacrimazione, secrezione che può essere acquosa o purulenta, dolore, prurito, senso di corpo estraneo, aumentata sensibilità alla luce, gonfiore delle palpebre.

Diagnosi
La diagnosi della congiuntivite viene fatta in base alla valutazione clinica dell’oculista durante la visita e attraverso l’esecuzione dell’esame con la lampada a fessura, all’osservazione dei sintomi e alla storia clinica del paziente.
Alcune caratteristiche possono orientare verso una forma specifica.
Le congiuntiviti virali di solito hanno una lacrimazione piuttosto acquosa e una diffusione epidemica, mentre quelle batteriche presentano una secrezione purulenta.
Le forme allergiche sono caratterizzate da prurito, e più frequentemente hanno un andamento stagionale.
Nel caso di forme infettive resistenti alla terapia, è possibile eseguire un tampone congiuntivale, ossia un prelievo di secrezione della congiuntiva, che viene inviata in laboratorio per ricercare il microorganismo responsabile e l’antibiotico al quale è sensibile.

Terapia
La terapia della congiuntivite è esclusivamente una terapia locale.
Nelle congiuntiviti batteriche si deve utilizzare un collirio antibiotico ad ampio spettro, eventualmente associando una terapia cortisonica in collirio.
Nel caso in cui una terapia non sia efficace è possibile, dopo una sospensione di 24 ore della somministrazione della terapia, eseguire un tampone per ricercare l’antibiotico efficace.
Nella congiuntivite virale, così come nelle forme reattive, la terapia è una terapia antibiotica per evitare le sovra infezioni batteriche, e antinfiammatoria con cortisonici in collirio.
In alcuni casi, nelle congiuntiviti virali è possibile associare farmaci antivirali in collirio o gel.
Nelle congiuntiviti allergiche la terapia è antinfiammatoria con colliri cortisonici, antistaminici, e, in alcune forme che richiedono terapia prolungate, con ciclosporina in collirio.

LA CHERATOPATIA BOLLOSA

La cheratopatia bollosa è una malattia caratterizzata dalla comparsa di edema della cornea, provocato da una disfunzione dell’endotelio, cioè lo strato più interno della cornea.
La cornea, per le sue proprietà osmotiche, tende a richiamare acqua, gonfiandosi.
L’endotelio ha il compito di mantenere asciutta la cornea pompando l’acqua al di fuori.
Per svolgere questa funzione, esso deve disporre di un adeguato numero di cellule efficienti.
Quando l’endotelio subisce una perdita di parte del patrimonio cellulare, può non essere più in grado di svolgere adeguatamente questa funzione.
Nella cornea si forma un edema (rigonfiamento), ed essa perde la normale trasparenza, va cioè incontro allo scompenso corneale.
L’aggravarsi dell’edema può comportare, inoltre, la formazione di bolle nella cornea contenenti acqua, che si rompono producendo rottura dell’epitelio ed episodi di dolore acuto e improvviso.

Cause
La cheratopatia bollosa può svilupparsi  in seguito a interventi chirurgici, come l’intervento di cataratta, anche se, ormai, in casi molto rari.
Più frequentemente compare a seguito di una cronica sofferenza in occhi che sono stati operati di cataratta con impianto di lente in camera anteriore, come veniva eseguito anni fa.
La cheratopatia bollosa può essere provocata da un attacco acuto di glaucoma, o da uno stato di cronica infiammazione della parte anteriore dell’occhio.
Raramente può derivare da una distrofia congenita del’endotelio.

Sintomi
La cheratopatia bollosa provoca un importante calo dell’acuità visiva con aloni e fotofobia.
La formazione e la rottura di bolle epiteliali provocano episodi dolorosi acuti e ripetuti.

Diagnosi
La diagnosi di cheratopatia bollosa corneale viene posta durante la visita oculistica attraverso l’esame con la lampada a fessura.
Altri esami possono confermare la diagnosi: per valutare le condizioni di sofferenza dell’endotelio è possibile eseguire l’esame microscopico dell’endotelio, anche se in presenza di edemi importanti può essere molto difficile se non impossibile eseguire l’esame.
La tomografia a coerenza ottica (OCT) del segmento anteriore permette di evidenziare l’aumento di spessore della cornea dovuto all’edema.

Terapia
La terapia della cheratopatia bollosa è chirurgica.
Un tempo l’intervento che veniva eseguito era la cheratoplastica perforante.
Oggi è possibile eseguire il trapianto selettivo della parte posteriore della cornea con le tecniche DSAEK o DMEK, con risultati e tempi di recupero decisamente migliori. Nell’attesa di eseguire l’intervento chirurgico, è possibile cercare di contenere l’edema corneale attraverso l’utilizzo di colliri osmotici, e di ridurre il dolore dovuto alla rottura delle bolle epiteliali con l’applicazione di una lente a contatto terapeutica.

IL CHERATOCONO

Il cheratocono è una degenerazione corneale caratterizzata da un progressivo sfiancamento della cornea.
Ciò si verifica per una debolezza strutturale del tessuto corneale, dovuta a un’alterazione  dei legami tra le fibre di tessuto connettivo che la compongono.
La cornea, per poter svolgere la propria funzione di lente, deve conservare determinate  caratteristiche geometriche.
Essa normalmente presenta una forma grossolanamente emisferica, con una maggiore curvatura nella parte centrale e uno spessore minore al centro, che aumenta spostandosi verso la periferia.
Nel cheratocono si verificano un progressivo assottigliamento e sfiancamento, che conferiscono alla cornea una forma appuntita che ricorda il cono.
Lo sfiancamento corneale può essere localizzato al centro della cornea o, più frequentemente, nella porzione inferiore a variabile distanza dal centro (Fig. 1).
Il cheratocono può comparire nei bambini anche al di sotto dei 10 anni, negli adolescenti o nei giovani al di sopra dei 20 anni, e tende a progredire per arrestarsi intorno ai 40 anni. Più precocemente compare, più è grave la malattia.

Sintomi
La comparsa del cheratocono si manifesta con peggioramento della vista.
Compare astigmatismo generalmente associato a miopia.
Le forme meno gravi possono essere corrette con occhiali.
Nelle forme più evolute, quando gli occhiali non sono più sufficienti, si può ottenere una buona qualità visiva con l’uso di specifiche lenti a contatto.
Se la progressione della malattia provoca un aumento della deformazione corneale, vi è una grave compromissione della qualità visiva, che rende inutile l’utilizzo di lenti a contatto.
Nei casi estremi, l’assottigliamento e lo sfiancamento del tessuto possono provocare perdita di trasparenza, formazione di pieghe e perforazione della cornea.

Nel cheratocono vi è una deformazione della cornea che ne causa una perdita della regolarità geometrica.  In base al grado di deformazione si hanno sintomi diversi: nelle forme più lievi si assiste alla comparsa di astigmatismo. Con l’aumentare della deformazione possono comparire sdoppiamento e sfuoca mento  delle fonti luminose, più apprezzabile la sera, associato ad  un aumento dell’ astigmatismo e la comparsa di miopia. Negli stadi più evoluti c’è un drastico calo dell’acuità visiva. che può condizionare significativamente la vita del paziente.

Diagnosi
Oggigiorno è estremamente semplice porre diagnosi di cheratocono.
Una topografia corneale, esame che ormai è possibile eseguire in moltissimi studi oculistici, permette di evidenziare un cheratocono, rilevando uno sfiancamento della superficie anteriore della cornea (Fig. 2).
La diagnosi deve essere confermata con un tomografo corneale, che evidenzia  assottigliamento e  sfiancamento della superficie posteriore della cornea in corrispondenza dello sfiancamento anteriore.
Una periodica valutazione di questi tre elementi permette, inoltre, di monitorare nel tempo la malattia e di valutarne la progressione.

Terapia del cheratocono
Si distinguono:

1) Una terapia che ha lo scopo di arrestare l’evoluzione della malattia: il cross linking corneale.
2) Terapie che hanno lo scopo di migliorare la qualità visiva. Esse sono:

  • La correzione con occhiali, che corregge difetti refrattivi prodotti dall’ectasia, di solito miopie e astigmatismo, che è da riservarsi alle forme di modesta entità (cheratocono frusto), nelle quali non vi è una grave compromissione della geometria corneale.
  • La correzione con lenti a contatto, la quale invece si riserva ai casi più evoluti. In questo caso viene sfruttata l’azione della lente, che ridisegna la superficie anteriore della cornea, comprime e regolarizza la cornea.
  • L’inserzione di anelli corneali.
  • La correzione selettiva laser delle irregolarità della cornea seguita da cross linking.
  • Il trapianto lamellare anteriore della cornea.

Il cheratocono è una malattia ereditaria?
Vi sono casi in cui il cheratocono si manifesta in numerosi membri di una stessa famiglia. Più frequentemente  compare isolatamente in persone che non hanno una storia famigliare della malattia. Non è stato comunque  dimostrato un chiaro meccanismo di trasmissione genetica della malattia.

Fino a che età evolve il cheratocono ed è possibile arrestare l’evoluzione della malattia?
Il cheratocono può comparire nei bambini, nei casi più gravi, o  durante l’adolescenza e la prima giovinezza. Di solito la sua evoluzione si arresta prima dei 40 anni. Attualmente si può arrestarne l’evoluzione con un trattamento di cross linking.

Come si può migliorare la vista nel cheratocono?
Nei casi di cheratocono più lieve si ottiene una buona qualità visiva con l’uso di occhiali. In casi più avanzati, quando gli occhiali non sono più sufficienti, si può ricorrere all’uso di lenti a contatto. In casi più evoluti bisogna ricorrere a procedure chirurgiche: la regolarizzazione della superficie con un trattamento laser, l’impianto di anelli corneali intrastromali o il trapianto  lamellare di cornea

LA CHERATITE

LA CHERATITE

La cheratite è un’infiammazione della cornea, ossia quel tessuto trasparente che costituisce la porzione anteriore del bulbo oculare e che ha funzione di lente.
La cornea è una struttura molto importante nel meccanismo della visione, poiché la comparsa di qualunque opacità o alterazione della forma influisce sulla qualità della visione.

Cause
La cheratite può comparire per diverse ragioni.
Distinguiamo cheratiti che hanno una natura esclusivamente infiammatoria, e altre che sono causate da infezioni.

Cheratiti non infettive
Le cheratiti non infettive possono essere causate da:

  • Alterazione del film lacrimale, che si produce a causa dell’occhio secco, della blefarite (Vedi capitolo: Occhio secco), o per una non corretta chiusura delle palpebre.
    Il venir meno della fisiologica protezione della lacrima produce uno stato di infiammazione cronica, che lede lo strato più esterno della cornea, l’epitelio, causandone la perdita di cellule.
    Si possono produrre abrasioni dell’epitelio, che possono evolvere in vere e proprie ulcere della cornea.
  • Effetto lesivo delle calore o dei raggi ultravioletti (cheratite attinica) o di traumi diretti sulla cornea.
  • Danno dei nervi che innervano la cornea (cheratite neurotrofica), causato da malattie croniche infiammatorie dell’occhio, da lesioni nervose derivanti da traumi o interventi chirurgici, o da malattie sistemiche come il diabete. 

Cheratiti infettive
Le cheratiti infettive possono essere causate da virus, batteri, protozoi e funghi.

  • Cheratiti da virus
    Le cheratiti virali sono le più diffuse.
    Molto diffuse sono quelle causate dagli Adenovirus, che si presentano insieme alla congiuntivite e hanno una diffusione epidemica.
    Sono forme benigne che possono lasciare lievi opacità corneali, le quali regrediscono con il tempo e con terapia antiinfiammatoria.
    Più serie son le cheratiti prodotte dai virus Herpes.
    Queste possono dare quadri clinici molteplici: lesioni dovute all’azione tossica diretta del virus con la comparsa di ulcere e lesioni, forme stromali (che colpiscono il tessuto più interno della cornea), che sono causate dalla risposta infiammatoria dell’organismo contro il virus (Vedi capitolo: Herpes oculare).
  • Cheratiti batteriche
    Moltissimi batteri possono causare cheratiti (Streptococchi, Staffilococchi, Psuedomonas, ecc).
    Alcuni di essi possono dare forme che progrediscono più rapidamente e in modo più grave di altre.
    Le cheratiti batteriche sono malattie che vanno riconosciute e curate tempestivamente, poichè possono dare luogo ad ascessi della cornea con grave compromissione della funzione visiva.
    Nei casi più gravi, possono estendersi agli altri tessuti oculari (endooftalmite), o provocare la perforazione della cornea stessa.
  • Cheratiti da protozoi
    La più diffusa è la cheratite da Acanthamoeba, un protozoo molto diffuso, presente nell’acqua e nel terreno.
    Questa infezione colpisce tipicamente i portatori di lente a contatto.
    Le cheratite può presentarsi inizialmente in forma lieve con modesti segni clinici, per poi evolvere fino ad arrivare alla formazione di  estese ulcere, ascessi e, nei casi più gravi, perforazione della cornea.
  • Cheratiti da funghi
    Possono essere causate da funghi filamentosi e da lieviti.
    Sono le infezioni più diffuse nei paesi tropicali, mentre nei paesi a clima temperato sono meno diffuse di quelle batteriche.
    Di solito si verificano in seguito a traumi con materiale vegetale, o in occhi già affetti da patologie o sottoposti a interventi chirurgici, o in persone immunodepresse.
    Danno luogo a quadri clinici simili alle cheratiti batteriche, ma il loro decorso è di solito più lento.

Sintomi
La comparsa della cheratite provoca arrossamento dell’occhio, lacrimazione, dolore, riduzione della vista, comparsa di una lesione di colore biancastro sulla cornea nel caso in cui si formi un ascesso della cornea.

Diagnosi
La diagnosi di cheratite viene posta attraverso la visita oculistica, esaminando l’occhio con la lampada a fessura.
Nelle cheratiti infettive può essere necessario eseguire un prelievo di tessuto corneale, per eseguire un esame colturale o un esame di ricerca virologica (Polomerase Chain Reaction), al fine di identificare il microorganismo che ha prodotto l’infezione e di intraprendere la terapia appropriata.

Terapia
La terapia della cheratite varia in ragione della causa che ha prodotto la malattia.
Nelle cheratiti infiammatorie causate da occhio secco, blefarite o anomalie della chiusura delle palpebre, è necessario innanzitutto curare queste malattie e utilizzare lubrificanti in collirio, gel o pomate, antinfiammatori ed eventualmente  il bendaggio o l’utilizzo di lente a contatto per favorire la riepitelizzazione della cornea.
Nella cheratite neurotrofica si deve utilizzare terapia con lubrificanti in collirio, gel o pomate, antinfiammatori ed eventualmente il bendaggio o l’utilizzo di lente a contatto per favorire la riepitelizzazione o la chiusura di ulcere.
Nei casi più seri si possono utilizzare i nuovi farmaci contenenti fattori di crescita nervosi o ricorrere all’intervento di tarsorrafia.
Nelle cheratiti infettive si deve intraprendere una terapia efficace volta a combattere l’agente infettante.
Queste terapie prevedono l’utilizzo di farmaci per uso locale, in colliri o pomate, a volte associate a farmaci per via sistemica.
Sono terapie di lunga durata e richiedono frequenti visite di controllo.
Se la cheratite provoca la comparsa di opacità della cornea che riducono in maniera importante l’acuità visiva, si può ricorrere a un intervento di trapianto di cornea per restaurare una funzione visiva adeguata.

LA CATARATTA SECONDARIA

Che cos’è la cataratta secondaria?
La cataratta secondaria è una opacizzazione della capsula posteriore del cristallino, tessuto che viene conservato durante l’intervento per poter accoglier la lentina intraocualre.  A seguito di un processo di proliferazione cellulare la capsula posteriore può opacizzarsi provocando un  calo del visus.
Il trattamento della cataratta secondaria non necessita di intervento ma di un trattamento  ambulatoriale eseguito alla lampada a fessura chiamato capsulotomia YAG laser che restituisce l’acuità visiva precedente alla formazione della cataratta secondaria

L’intervento di cataratta nel paziente diabetico deve prevedere particolari precauzioni?
L’intervento di cataratta nel paziente affetto da retinopatia diabetica può costituire uno stimolo  aggravante la retinopatia. L’esecuzione dell’intervento deve essere preceduta e seguita da un attento monitoraggio della retinopatia diabetica.
Nel paziente diabetico non affetto da retinopatia, l’intervento di cataratta si associa ad un maggior incidenza di comparsa di edema maculare cistoide rispetto alla popolazione generale.

Cos’è l’edema maculare cistoide e perché può presentarsi dopo l’intervento di cataratta?
L’edema maculare cistoide è un edema che interessa la retina nella sua regione più nobile, la macula. E’ risposta infiammatoria al trauma chirurgico che può raramente comparire dopo l’intervento e comporta un non adeguato recupero visivo. Si risolve dopo un adeguato trattamento  medico.

Quali problemi può comportare l’assunzione di farmaci per l’ipertrofia prostatica per l’esecuzione dell’intervento di cataratta?
L’assunzione dei  farmaci per l’ipertrofia prostatica può comportare la comparsa del’ IFIS ( inta operative floppy iris syndrom ) ovvero una condizione di particolare mobilità dell’iride durante l’intervento che può complicare l’attività del chirurgo. E’ bene che il chirurgo conosca se il paziente assume queste terapie per programmare adeguatamente la procedura chirurgica. La sospensione preventiva della terapia non sempre modifica la situazione.

L’intervento di cataratta nei paziente affetto da glaucoma cronico richiede  particolari precauzioni?
Di solito l’esecuzione dell’intervento di cataratta eseguito in pazienti affetti da glaucoma cronico  con terapia compensata non richiede particolari precauzioni.  Inoltre  spesso si assiste ad un riduzione dei  valori della pressione oculare nei pazienti glaucomatosi  che hanno eseguito l’intervento.
La cataratta secondaria è una condizione che si può verificare dopo l’intervento di cataratta, di solito dopo mesi o, a volte, anni.
Essa consiste nell’opacizzazione della capsula posteriore, che costituisce l’involucro dove viene alloggiata la lente intraoculare al momento dell’intervento di cataratta.
La cataratta secondaria si verifica per proliferazione delle cellule della capsula posteriore, e provoca un progressivo annebbiamento della visione come se si fosse riformata la cataratta.
La terapia della cataratta secondaria consiste nella trattamento di capsulotomia YAG laser.

LA CATARATTA

La cataratta consiste nell’opacizzazione del cristallino, una lente che  è posta all’interno dell’occhio. La cataratta è una malattia grave che, se non trattata adeguatamente, può portare fino alla cecità.

Come si manifesta la cataratta?
La cataratta provoca una alterazione della qualità della visione; dapprima si possono presentare aloni  intorno alle fonti luminose e immagini sdoppiate, poi un progressivo annebbiamento a volte associato alla comparsa di miopia.

Il cristallino
Il cristallino è situato nella parte mediana dell’occhio e, insieme alla cornea, è una delle due principali lenti dell’occhio.
La sua funzione è quella di deviare la luce che penetra nell’occhio, consentendo che le immagini che provengono da un qualunque oggetto osservato e posto a una certa distanza vadano a fuoco sulla retina, una membrana di tessuto nervoso in cui la luce genera impulsi nervosi che, attraverso il nervo ottico, vengono trasferiti al cervello.

Cause e fattori di rischio
Le cataratta si verifica a seguito di un’alterazione degli scambi metabolici che provvedono al nutrimento del cristallino; tale fenomeno generalmente avviene in età avanzata (cataratta senile); tuttavia, si può verificare anche in individui più giovani senza un motivo apparente (si può osservare comparsa di cataratta anche in persone non ancora quarantenni).
In rari casi la cataratta può essere congenita.
La comparsa di una cataratta congenita può essere favorita da infezioni contratte dalla madre in gravidanza come rosolia, Herpes, toxoplasmosi, varicella, parotite, mononucleosi, citomegalovirus.
In altri casi può manifestarsi nel corso della sindrome di Marfan, che è disordine congenito dl tessuto connettivo.

Le cause che favoriscono la comparsa della cataratta sono:
– L’esposizione prolungata a raggi ultravioletti, a radiazioni ionizzanti o ai raggi X
– L’uso di farmaci (in particolare l’assunzione prolungata di cortisonici)
– Iridocicliti croniche dell’occhio
– Malattie sistemiche come il diabete mellito
– Interventi perforanti il bulbo: interventi fistolizzanti per glaucoma, trapianto di cornea perforante, trapianto di cornea endoteliale
-Traumi sul bulbo oculare

Sintomi
Quando compare la cataratta si verifica un progressivo peggioramento della qualità della visione.
Le prime avvisaglie possono essere: sdoppiamento delle immagini, comparsa di  sfuocamento e aloni intorno alle fonti luminose.
A volte si verifica comparsa di miopia, che costringe a cambiare occhiali.
Con il progredire della malattia vi è un progressivo annebbiamento della vista, che rende sempre più difficile la visione nitida soprattutto da lontano.
La cataratta evoluta e non trattata può portare fino alla cecità assoluta.

Diagnosi di cataratta
La diagnosi di cataratta viene fatta dal medico oculista, che valuta la diminuzione dell’acuità visiva con l’esame del visus, e accerta la presenza della cataratta attraverso una valutazione alla lampada a fessura.

Come si cura la cataratta?
La cataratta va operata con un intervento chirurgico che, di solito si esegue ambulatorialmente. Il paziente, dopo l’intervento viene dimesso e rivisitato il giorno successivo.
La terapia della cataratta è esclusivamente chirurgica e consiste nella rimozione del nucleo del cristallino, che viene sostituito da una lente intraoculare artificiale.
L’intervento è indolore e l’occhio viene anestetizzato con l’instillazione di un collirio.
E’ un intervento che si esegue in day hospital, e il recupero visivo è molto rapido.
Il momento in cui operare viene deciso dal paziente insieme all’oculista che lo segue, in base alla qualità della visione del paziente e a quanto questa comprometta lo svolgimento delle attività quotidiane abituali.   

Quale anestesia viene utilizzata nell’intervento di cataratta?
Generalmente l’intervento viene eseguito in anestesia locale con gocce di collirio. Alcuni chirurghi preferiscono utilizzare l’anestesia con iniezione per bulbare. L’anestesia generale è indicata solo in quei pazienti che non sono in grado di collaborare (bambini, o persone affette da gravi disabilità )

Quali sono i tempi di recupero dopo l’intervento?

Oggi l’intervento di catratta prevede dei tempi di recupero molto brevi. In alcuni casi già il giorno dopo il paziente è in grado di svolgere le proprie abituali attività. In caso di cataratta più evvolute in recupero completo avvien da 1 a 3 settimane.

Dove è possibile sottoporsi ad un intervento di cataratta?
Tutte i reparti di oculistica in cui si esegue attività chirurgica in genere eseguono la chirurgia della cataratta

Eseguendo l’intervento di cataratta è possibile correggere difetti visivi come la miopia, l’ipermetropia, astigmatismo e presbiopia?
L’intervento di cataratta prevede l’inserimento all’interno del sacco capsulare del cristallino di una lente intraoculae. Si può scegliere la elnti in modo da correggere miopiae ipermetropia. Per la correzzione del’astigmatismo sono necessarie particoari lenti che vanno scelte in base alle carattreistiche che tengono conto del difetto astigmatico (lenti toriche). Per correggere la presbiopia sononecessarie lenti con ottiche con zne di potere refrattivodiffferenti (lenti multifocali). L’impianto  di lenti multifocali richiede inoltre un attento esame dlleabitudini di vita del paziente edeel sue aspettative

Prevenzione
Sebbene non sia ancora completamente chiarito quali siano le cause della comparsa precoce della cataratta, sembra che alcune norme di comportamento riducano questo rischio.

Le elenchiamo qui di seguito:
– Proteggere gli occhi dai raggi ultravioletti del sole con occhiali da sole adeguati
– Non fumare
– Privilegiare un’alimentazione ricca di frutta, verdura e acidi grassi polinsaturi omega 3
– Eseguire esercizio fisico
– Combattere l’obesità
– In presenza di diabete, tenere sotto stretto controllo la glicemia.

IL CALAZIO

Il calazio è una cisti della palpebra dovuta a un’infiammazione cronica delle ghiandole di Meibomio.
Le ghiandole di Meibomio sono delle piccole ghiandole localizzate nella palpebra e con il dotto escretore a livello del bordo palpebrale.
La loro funzione è di produrre il sebo, un grasso che costituisce una delle componenti delle lacrime.

Cause
Il primo fattore responsabile della formazione del calazio è la chiusura del dotto escretore della ghiandola di Meibomio.
Si verifica per un aumento di densità del sebo, causato probabilmente da un cambiamento delle caratteristiche dell’epidermide nella zona perioculare.
Le ragioni di questo cambiamento non sono del tutto chiare.
Vi è un’associazione abbastanza stretta fra la comparsa del calazio, la blefarite e la dermatite del viso, il che fa supporre che esse siano dovute a uno stato di ipersensibilità/iperattività della cute.
Alcuni lo mettono in relazione con disturbi digestivi, e in particolare con l’assunzione eccessiva di cibi come insaccati e dolci.
La chiusura del dotto escretore crea all’interno della ghiandola di Meibomio un ambiente favorevole alla proliferazione di batteri, i quali spesso vengono trasmessi da un parassita che infesta le palpebre in corso di blefarite, il Demodex Brevis.
In queste condizioni, si genera un’infezione all’interno della ghiandola con la comparsa di una tumefazione arrossata e dolente della palpebra.
In alcuni casi, i più fortunati, si verifica una fuoriuscita di secrezione purulenta dalla ghiandola e la risoluzione della malattia; in altri, si forma un aggregato organizzato di cellule infiammatorie (granuloma), che tende a cronicizzare e che si presenta come un piccolo rigonfiamento rotondeggiante all’interno della palpebra, molto ben valutabile al tatto.

Sintomi
All’esordio il calazio si presenta con un arrossamento e un rigonfiamento di una parte o di tutta la palpebra colpita.
Dopo qualche giorno di terapia, si delinea una tumefazione rotondeggiante all’interno della palpebra, da cui può fuoriuscire pus.
Vi è la sensazione di pesantezza della palpebra con dolore soprattutto alla pressione.
Qualora non guarisca completamente con la terapia medica, una volta disinfiammato, assume le caratteristiche di una tumefazione indolente all’interno della palpebra.

Diagnosi
La diagnosi di calazio viene posta osservando la palpebra durante la vista oculistica.

Terapia
La terapia del calazio deve essere una terapia volta a disinfiammare, con l’applicazione di antibiotici e antiinfiammatori in pomata applicati direttamente sulla palpebra, o in collirio se il calazio si sviluppa nella parte interna della palpebra.
Sono poi molto utili impacchi d’acqua caldo-tiepidi, poiché possono favorire l’apertura dei dotto delle ghiandole di Meibomio.
Una volta risolto l’episodio infiammatorio acuto, se il calazio permane sotto forma di granuloma cronico, deve essere rimosso chirurgicamente.

LA BLEFAROCALASI

La blefarocalasi consiste in un rilassamento eccessivo della cute della palpebra superiore, dovuto a una perdita di tonicità.

Cause
La blefarocalasi si verifica per l’invecchiamento del tessuto palpebrale, che provoca una perdita di tonicità del tessuto della palpebra superiore, la quale va a formare una piega ricadente verso il bulbo oculare.
Una condizione che può favorire la formazione di blefarocalasi è il rapido dimagrimento al quale possono andare incontro persone affette d obesità.

Sintomi
Nella maggior parte dei casi la blefarocalasi rappresenta solo un problema estetico, ma non causa alcun disturbo funzionale; tuttavia, nei casi più gravi, la piega della palpebra può estendersi fino al campo pupillare, provocando un’amputazione della parte superiore del campo visivo.

Terapia
La terapia della blefarocalasi è chirurgica.
L’intervento, chiamato blefaroplastica, consiste nella rimozione della cute in eccesso e, in alcuni casi, del grasso sottocutaneo eccedente.
E’ un intervento che si esegue ambulatorialmente in anestesia locale.
Nel periodo post operatorio, il paziente dove eseguire giornalmente medicazioni della ferita chirurgica con pomate contenenti antibiotici e antiinfiammatori, fino alla rimozione dei punti di sutura.