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Autore: Paolo Garimoldi

CORPI MOBILI NEL CAMPO VISIVO

La comparsa improvvisa di corpi mobili costituisce il sintomo che caratterizza il distacco del corpo vitreo.
Sono descritti dai pazienti come mosche, fili, ragnatele, a volte associati a lampi che compaiono al buio lateralmente nel campo visivo.
Il corpo vitreo è una sostanza gelatinosa che occupa la porzione posteriore dell’occhio tra il cristallino e la retina.
Nel corso degli anni esso subisce un processo di disidratazione con perdita di omogeneità, andando a generare zone più addensate e vere e proprie lacune.
La progressiva degenerazione del vitreo si completa con il distacco della porzione posteriore del vitreo, che è più tenacemente adesa alla retina.
Il distacco si manifesta con la comparsa di corpi mobili inizialmente densi e diffusi, i quali poi tendono ad attenuarsi nel  tempo.
Il distacco del vitreo è spesso preceduto o accompagnato da fugaci lampi visibili al buio alla periferia del campo visivo, espressione di trazioni del vitreo sulla retina.
Alla comparsa di questi sintomi è importante esaminare la periferia della retina, ricercando eventuali rotture retiniche prodotte durante il processo di distacco del vitreo, che, se non tempestivamente riconosciute e trattate, possono provocare il distacco di retina.
Soggetti più a rischio, e quindi meritevoli di indagini più approfondite, sono i pazienti miopi e quelli sottoposti ad intervento di cataratta.
A volte la presenza di qualche corpo mobile isolato, più facilmente visibile su sfondo chiaro e con luce intensa, può rappresentare semplicemente un addensamento non accompagnato da distacco del corpo vitreo.

VISITA OCULISTICA COMPLETA

La visita oculistica è l’esame in cui viene eseguita una valutazione complessiva delle condizioni anatomiche e funzionali dell’organo della vista.

COME SI SVOLGE?
La visita oculistica deve comprendere l’anamnesi, ovvero un colloquio in cui il paziente espone al medico la propria storia clinica e lo mette al corrente dei propri disturbi (sintomi).
A ciò deve seguire l’esame obiettivo oculistico, che comprende l’esame dell’acuità visiva (abitualmente conosciuto come esame della vista), e l’esame obiettivo dell’occhio eseguito alla lampada fessura, comprensivo dell’esame del fondo e della misurazione della pressione oculare.
In base all’esito della visita, l’oculista valuta se effettuare altri test diagnostici, che possono essere eseguiti contestualmente alla visita, oppure in un momento successivo.

ESAME ALLA LAMPADA A FESSURA

La lampada a fessura è lo strumento con cui viene eseguito l’esame obiettivo (la valutazione clinica) dell’occhio e delle strutture che lo circondano, come la  palpebre e le ghiandole lacrimali, cioè i cd. annessi oculari.
La lampada a fessura è un biomicroscopio, ossia uno strumento capace di ingrandire le immagini delle strutture che si stanno esaminando, per meglio definirle.
Essa è dotata di una fonte luminosa che, attraverso un sistema ottico, crea un fascio d’illuminazione, che può esser variato di dimensione e indirizzato sul punto che si deve osservare.
Con la lampada a fessura è possibile esaminare direttamente gli annessi e i tessuti oculari che si trovano nella parte anteriore dell’occhio, come la cornea, l’iride, l’umor acqueo e il cristallino.
Per esaminare strutture come la retina o l’umor vitreo, che si trovano dietro il cristallino, occorre utilizzare una lente.
Inoltre, con la  lampada a fessura è possibile eseguire la misurazione della pressione oculare, utilizzando il tonometro ad applanazione.

COME SI SVOLGE  L’ESAME?
Il paziente, seduto su uno sgabello, appoggia il viso su una mentoniera collocata davanti  alla lampada fessura, in modo da poter mantenere una posizione stabile ed evitare qualunque minimo movimento. 
L’oculista, seduto dall’altra parte della lampada, esegue l’esame obiettivo.
Nel caso in cui debba esaminare il fondo dell’occhio, utilizza un’apposita lente per la messa a fuoco, mentre per misurare la pressione oculare utilizza il tonometro, che viene collocato su una piastra posta sulla lampada.

TOPOGRAFIA CORNEALE

La topografia corneale è un esame che esegue una mappa topografica della cornea.
La cornea costituisce la parte anteriore del bulbo oculare e svolge la funzione di lente.
La cornea normale possiede una regolarità geometrica che la fa assomigliare grossolanamente a un’emisfera, con la parte centrale più piatta e quella periferica più curva.
Con la topografia viene rilevata la curvatura della cornea punto per punto.
La curvatura viene misurata proiettando sulla cornea una serie di anelli concentrici luminosi, che vengono riflessi e processati dallo strumento.
Gli anelli riflessi sono più vicini o più lontani tra loro a seconda che la superficie sia più curva o più piatta, analogamente a quanto si osserva nelle carte geografiche topografiche.
Il topografo elabora, attraverso un sistema computerizzato, una mappa delle curvature della cornea, che viene rappresentata con con diversi colori in funzione delle diverse curvature.

COME SI ESEGUE L’ESAME?
La topografia è un esame non a contatto.
Il paziente posiziona il viso davanti allo strumento.
L’operatore, dopo aver centrato gli anelli sul centro della cornea, acquisisce le immagini. 

A COSA SERVE?
La topografia è l’esame che permette di valutare la regolarità della superficie anteriore della cornea.
Essa, inoltre, consente di valutare la presenza di astigmatismo (e la sua regolarità), di rilevare ectasie corneali, come il cheratocono e la degenerazione corneale pellucida, di valutare irregolarità della cornea dovute a cause diverse, come cicatrici, alterazione dell’epitelio o instabilità del film lacrimale.
La topografia è uno degli esami necessari per valutare l’idoneità alla chirurgia refrattiva laser e per seguirne il decorso.
Infine, è un esame utile per la corretta scelta dell’impianto di lente multifocale nell’intervento di cataratta.

TOMOGRAFIA OTTICA A LUCE COERENTE (OCT)

La tomografia ottica a luce coerente, conosciuta come OCT, è una metodica di diagnosi non invasiva, basata su una tecnica ottica chiamata: interferometria a bassa frequenza. Detta tecnica sfrutta la riflessione di un fascio di luce laser non nocivo indirizzato sui tessuti, il quale viene riflesso in maniera diversa in funzione della densità della struttura colpita, per ottenere una ricostruzione dei tessuti oculari.
E’, in tal modo, possibile ricostruire in modo molto preciso gli strati della retina, della cornea, del nervo ottico.

COME AVVIENE L’ESAME?
L’OCT è un esame non a contatto.
Il paziente posiziona il viso sulla mentoniera dello strumento.
L’operatore indirizza l’obiettivo sull’occhio e, dopo aver messo a fuoco il tessuto da esaminare, acquisisce le immagini. 
Affinché si possa eseguire l’esame, è necessario che la luce entri nell’occhio; pertanto, se vi sono opacità complete delle strutture oculari (come, per esempio, una cataratta completa), l’esecuzione dell’esame è impossibile.

A COSA SERVE L’ESAME?
L’OCT ha un utilizzo sempre più diffuso nella diagnostica delle malattie oculari. Distinguiamo:

OCT della retina
Esegue un‘analisi e una ricostruzione della struttura della retina. 
Tale esame è indispensabile nella diagnosi delle malattie dell’interfaccia vitreo retinica, come il pucker e il foro maculare; nella diagnosi delle malattie vascolari retiniche, come la trombosi venosa e la retinopatia diabetica; nella diagnosi della degenerazione maculare senile e della corioretinopatia sierosa centrale; nello studio dei tumori oculari della coroide e della retina.
Una più sofisticata e recente evoluzione della metodica d’indagine, chiamata angio OCT, permette una ricostruzione molto dettagliata della rete vascolare, consentendo di visualizzare chiaramente le neovascolarizzazioni della degenerazione maculare essudativa, riducendo la necessità di ricorrere alla fluorangiografia (che è un esame invasivo) per porre la diagnosi.

OCT del segmento anteriore
Esegue un’analisi e una ricostruzione delle strutture poste davanti al cristallino: la cornea, l’angolo irido corneale, la faccia anteriore dell’iride.
E’ un esame molto utile nello studio della cornea: permette, infatti, di valutarne lo spessore, fornendo dati utili per la diagnosi delle diverse malattie corneali; consente, inoltre, di valutare il risultato e il decorso degli interventi di trapianto di corneale; fornisce, altresì, informazioni sulla forma dell’angolo irido corneale, permettendo di valutare il rischio di chiusura d’angolo e di attacco acuto di glaucoma.

  OCT del nervo ottico e delle fibre nervose
Esegue un’analisi e una ricostruzione del nervo ottico, e misura lo spessore delle fibre nervose e delle fibre ganglionari retiniche, esami che sono utili per porre diagnosi e seguire il decorso clinico del glaucoma.

TOMOGRAFIA CORNEALE

La tomografia corneale è una tecnica d’indagine della cornea e del segmento anteriore dell’occhio.
Essa utilizza una telecamera che esegue una serie di scansioni della cornea, le quali vengono elaborate da un computer.
La tomografia consente di ottenere informazioni sulla forma delle superfici, anteriore e posteriore, della cornea; misura lo spessore della cornea; valuta l’ampiezza della camera anteriore e dell’angolo irido corneale.
La tomografia esegue un’analisi più completa rispetto alla topografia, integrando i dati di quest’ultima con una serie di altri elementi, fondamentali per la diagnosi e per la cura di alcune malattie della cornea.

COME SI ESEGUE L’ESAME?
La tomografia è un esame non a contatto.
Il paziente appoggia il viso su un apposito supporto davanti al tomografo.

L’operatore, dopo aver allineato lo strumento davanti all’occhio da esaminare, acquisisce le immagini. 
La presenza di opacità della cornea, di un certo rilievo, costituisce un limite alla riuscita dell’esame.

A COSA SERVE L’ESAME?
La tomografia corneale è un esame che fornisce tutte le informazioni necessarie per porre diagnosi di cheratocono, e per poterne seguire l’evoluzione.
Con la tomografia corneale è, inoltre, possibile valutare se una cornea è idonea per essere sottoposta a un trattamento di chirurgia refrattiva laser, o di cross linking corneale.
Con le immagini della camera anteriore fornite dalla tomografia, è, altresì, possibile valutare la forma dell’angolo irido corneale, ottenendo indicazioni sul rischio di andare incontro a chiusura d’angolo e ad attacco di glaucoma acuto.

TEST DI SHIRMER

Il test di Schirmer valuta la produzione quantitativa delle lacrime.

COME SI ESEGUE?
Dopo aver tamponato l’occhio chiuso per rimuovere le lacrime in eccesso, si pone una striscia di carta assorbente, senza anestesia topica, alla giunzione tra il terzo medio e laterale della palpebra inferiore, invitando il paziente a restare fermo per 5 minuti con gli occhi aperti o chiusi senza strizzare.
Se dopo 5 minuti in due occasioni successive la striscia di carta non si inumidisce per una lunghezza di almeno 5 mm, si è in presenza di un deficit di produzione delle lacrime.

A COSA SERVE?
Il test di Shirmer permette di valutare la produzione della lacrime, distinguendo quelle forme di occhio secco che sono determinate da un deficit di produzione. 
Ciò si verifica nelle malattie infiammatorie autoimmuni, come la sindrome di Sjögren e  l’artrite reumatoide (o lupus eritematoso sistemico), e nel corso di malattie infiammatorie cicatriziali, come il pemfigoide cicatriziale o la sindrome di Stevens-Johnson.

PUPILLOMETRIA

La pupillometria consiste nella valutazione del diametro della pupilla.
La pupilla è il diaframma rotondo posto al centro dell’iride davanti al cristallino.
La pupilla è in grado di dilatarsi o di restringersi in risposta a stimoli neuromuscolari, che determinano la contrazione del muscolo dilatatore e del muscolo costrittore della pupilla. Tali movimenti di dilatazione e di restringimento della pupilla hanno lo scopo di dosare la luce che entra nell’occhio, consentendo che alla retina arrivi la quantità di luce corretta per permettere una visione ottimale.

COME SI SVOLGE L’ESAME?
La pupillometria è un esame non a contatto.
Diversi strumenti eseguono la misurazione del diametro della pupilla.
Detti strumenti acquisiscono un’immagine delle dimensioni della pupilla al variare delle condizioni di luminosità, dal buio all’abbagliamento, in modo da valutare il comportamento della pupilla alla luce (pupilla fotopica), al buio (pupilla scotopica) e in media luminanza (pupilla mesopica).

A COSA SERVE L’ESAME?
La valutazione del comportamento della pupilla nelle diverse condizioni di luce, così come il decentramento del centro della pupilla dall’asse ottico di visione, sono elementi indispensabili per programmare correttamente un intervento di chirurgia refrattiva laser, o di impianto di lente intraoculare multifocale in un intervento di cataratta. 

PACHIMETRIA CORNEALE

La cornea è la parte anteriore del bulbo oculare e svolge la funzione di lente.
La pachimetria corneale è l’esame che misura lo spessore della cornea.

COME SI ESEGUE L’ESAME?
Lo spessore della cornea può essere misurato con tecniche a contatto e con tecniche non a contatto.
La misura a contatto utilizza una tecnologia a ultrasuoni.
La misurazione non a contatto si avvale di tecnologia ottica, utilizzando strumenti come l’OCT e il biometro ottico, o strumenti che analizzano la cornea processando immagini rilevate da una telecamera, come il tomografo ottico.
L’esecuzione dell’esame è estremamente rapida e semplice: nel caso in cui la misurazione avvenga con una metodica a contatto, l’operatore appoggia delicatamente una sonda alla cornea del paziente dopo aver instillato nell’occhio un collirio anestetico.
Se, invece, si esegue una misurazione non a contatto, il paziente deve semplicemente posizionare il viso su un apposito supporto davanti allo strumento, mentre l’operatore, dopo aver messo a fuoco la cornea, esegue la misurazione.

 A COSA SERVE L’ESAME?
La conoscenza dello spessore permette di distinguere una cornea normale da una cornea patologica (valori normali si collocano tra i 500 e i 600 microns nel punto più fine).
E’ un dato essenziale per la diagnosi di cheratocono, così come per la valutazione di un edema corneale.
Inoltre, la valutazione dello spessore è necessaria per la pianificazione di qualunque trattamento chirurgico che interessi la cornea, come un trattamento di cross linking per cheratocono, un intervento di chirurgia refrattiva, un trapianto di cornea.
In ultimo, la conoscenza dello spessore corneale costituisce un dato essenziale nella valutazione della pressione oculare.
Infatti, la misurazione della pressione oculare ottenuta con il tonometro di Goldman (quello abitualmente usato) varia in relazione allo spessore della cornea: il valore di pressione che si rileva in un occhio che ha una cornea più spessa rispetto alla norma (che è più rigida) è superiore a quello reale; viceversa, il valore che si rileva misurando la pressione in un occhio avente una cornea più sottile è inferiore a quello reale.
Quindi, una corretta misurazione della pressione oculare non può prescindere dalla conoscenza dello spessore corneale.
Per ottenere valori pressori veritieri, sono state introdotte delle tabelle che correggono il valore di pressione ottenuto in funzione dello spessore della cornea.

MISURAZIONE DELLA PRESSIONE OCULARE – TONOMETRIA

Nella porzione anteriore dell’occhio, detto segmento anteriore, circola un liquido di densità simile all’acqua, chiamato umor acqueo.
La presenza dell’umor acqueo genera una pressione all’interno del bulbo oculare, conosciuta come pressione oculare o tono.
Tra gli esami da eseguire in una visita oculistica, vi è la misurazione della pressione oculare.

COME SI ESEGUE?
La misurazione della pressione oculare si esegue solitamente con uno strumento che viene posto a contatto con il bulbo oculare, chiamato tonometro ad applanazione o tonometro di Goldman.
Dopo aver instillato un collirio anestetico e colorato il fornice congiuntivale con un colorante, chiamato fluoresceina, il paziente si posiziona davanti alla lampada a fessura. L’oculista avvicina il tonometro fino a metterlo a contatto con la cornea e, tramite una manopola, regola la forza applicata dal tonometro, finchè questa equivale a quella data dalla rigidità della cornea.
Il valore, rilevato osservando la coincidenza di due mire, viene misurato su una scala posta sul tonometro.
In alternativa al tonometro ad applanazione, è possibile misurare la pressione con un tonometro a soffio che non viene a contatto con la cornea.
Questa tecnica di misurazione ottiene valori meno affidabili.
La misurazione della pressione con il tonomentro di Goldman è influenzata dello spessore della cornea.
Il valore di pressione che si rileva in un occhio che ha una cornea più spessa rispetto alla norma (che è più rigida) è superiore a quello reale; viceversa, il valore di pressione che si rileva in un occhio avente una cornea più sottile è inferiore a quello reale.
Per tale motivo sono state introdotte delle tabelle, che correggono il valore di pressione ottenuto in funzione dello spessore della cornea.
Per conoscere il corretto valore della pressione oculare è, quindi, indispensabile conoscere il valore dello spessore della cornea.

A COSA SERVE?
I valori normali della pressione oculare devono mantenersi non superiori a 20-21 mmHg. Valori più elevati possono essere causa di danni al nervo ottico, provocando l’insorgenza del glaucoma.
Poichè il glaucoma è una malattia che non provoca sintomi se non nelle fasi più avanzate della malattia, è importante che ogni persona si sottoponga a uno screening della pressione oculare prima dei 40 anni.

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