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MICROSCOPIA ENDOTELIALE

La microscopia endoteliale è un esame che permette di valutare il patrimonio cellulare dell’endotelio della cornea.
La cornea è il tessuto trasparente che costituisce la porzione anteriore del bulbo oculare e svolge la funzione di lente; l’endotelio ne è lo strato più interno.
L’endotelio svolge un ruolo fondamentale nella fisiologia della cornea, pompando acqua al di fuori di essa.
Quando ciò non avviene, la cornea, che per le caratteristiche osmotiche che le sono proprie tende a richiamare acqua al suo interno, si gonfia e perde la propria trasparenza.
Per svolgere efficacemente l’azione di pompa, l’endotelio deve possedere un patrimonio di cellule non inferiore a 600-800 per millimetro quadrato.
Un danno all’endotelio (che può derivare da un’infiammazione del segmento anteriore dell’occhio, da interventi chirurgici, da un attacco acuto di glaucoma o da una degenerazione corneale congenita, come ad esempio la degenerazione endoteliale di Fuchs) può compromettere la sua funzione di pompa e provocare l’accumulo di acqua all’interno della cornea (edema corneale), con decadimento della funzione visiva.

COME AVVIENE L’ESAME
La microscopia endoteliale è un esame non a contatto, privo di qualunque rischio.
Il paziente posiziona il viso su un apposito supporto davanti allo strumento, quindi l’operatore, dopo aver messo a fuoco la cornea, acquisisce un’immagine fotografica dell’endotelio.
Tale immagine, analizzata da un computer, fornisce indicazioni sul numero e sulla qualità delle cellule.

A COSA SERVE?
La microscopia endoteliale permette di valutare lo stato di salute dell’endotelio corneale.
E’ utile per studiare le cornee che presentano segni clinici di scompenso, e per  pianificare un eventuale intervento di trapianto di endotelio.
La microscopia endoteliale deve essere sempre eseguita prima di un intervento di cataratta, quando quest’ultima è molto avanzata.
In questi casi, l’intervento può provocare un’elevata perdita di cellule endoteliali, ed è bene sapere se vi è il rischio che la cornea possa scompensarsi a seguito dell’intervento.

GONIOSCOPIA

La gonioscopia è l’esame con il quale viene visualizzato l’angolo iridocamerulare.
L’angolo iridocamerulare è una struttura della camera anteriore, posta alla base dell’iride, a livello della quale avviene la fuoriuscita dell’umor acqueo dall’occhio attraverso un fine reticolo chiamato trabecolato.
Alterazioni a livello dell’angolo possono modificare la filtrazione dell’umor acqueo, alterando la pressione oculare.

COME AVVIENE L’ESAME?
Lo studio dell’angolo viene eseguito utilizzando la lampada a fessura e una specifica lente (lente gonioscopica o lente a tre specchi).
Questa lente viene applicata a contatto con la cornea dopo avere anestetizzato l’occhio con un collirio.
Nell’esame si possono osservare le diverse strutture che costituiscono l’angolo che, dalla cornea all’iride, sono: la linea di Schwalbe, il trabecolato, lo sperone sclerale e la banda ciliare.
Inoltre, si può valutare la convessità dell’iride. 
Attraverso l’osservazione di queste strutture, che non sempre sono tutte visibili, è possibile valutare: l’ampiezza dell’angolo; l’eventuale presenza di malformazioni o aderenze (sinechie) che ostacolano la filtrazione e, conseguentemente, stimare il rischio che l’angolo possa andare incontro a un blocco della filtrazione (chiusura d’angolo).

 A COSA SERVE?
La gonioscopia è un esame da eseguire obbligatoriamente nei pazienti nei quali si sospetti o ai quali sia stato diagnosticato un glaucoma.
Infatti, questo esame dà un’indicazione sul tipo di glaucoma e sulle possibili opzioni terapeutiche.
Una valutazione dell’angolo deve essere eseguita anche nei pazienti che presentano alla visita oculistica una camera anteriore di dimensioni ridotte (di solito si tratta di ipermetropi elevati), i quali corrono il rischio di sviluppare nel tempo la chiusura dell’angolo e l’attacco di glaucoma acuto.
Il riconoscimento di questa condizione è molto importante, poiché l’attacco acuto di glaucoma può essere evitato con l’esecuzione di un semplice e indolore trattamento di iridotomia laser.

FLUORANGIOGRAFIA

La fluorangiografia è un esame angiografico che permette la visualizzazione della circolazione retinica.
Tale esame utilizza un colorante naturale, la fluoresceina, che diventa fluorescente  quando viene illuminata con la luce blu.
La fluoresceina raggiunge il sistema vascolare della coroide (la struttura vascolare localizzata dietro la retina) e quello della retina.

COME SI ESEGUE L’ESAME?
Dopo aver dilatato la pupilla con un collirio, il paziente si siede davanti al fluorangiografo.
La fluoresceina viene iniettata nella vena di un braccio e, dopo alcune decine di secondi, raggiunge la circolazione retinica.
A quel punto, l’operatore esegue alcune fotografie che visualizzano la distribuzione del colorante nel fondo dell’occhio.
La durata dell’esame è di circa 10 minuti.
Tra i possibili effetti collaterali dell’immissione in circolo di fluoresceina vi è la comparsa di nausea per qualche minuto.
L’angiografia è un esame invasivo, pertanto nelle persone che soffrono di allergie sono possibili, anche se rare, complicanze allergiche, come eritemi cutanei, prurito, difficoltà respiratorie e, nei casi estremi, anche shock anafilattico.
In tali soggetti è opportuno valutare preventivamente la necessità di eseguire l’esame e, soprattutto, eseguire un’adeguata preparazione antiallergica.

A COSA SERVE?
La fluorangiografia è un esame indispensabile per lo studio di molte malattie della retina e della coroide, come la retinopatia diabetica, la degenerazione maculare, le trombosi retiniche, la corioretinopatia sierosa centrale, le uveiti posteriori.
Occorre ricordare che per le indagini diagnostiche delle malattie della retina e della coroide l’avvento della tomografia a coerenza (OCT) e, in special modo, dei più moderni angioOCT, ha permesso di ridurre, e qualche volta di eliminare, l’utilizzo della fluorangiografia, la quale, a differenza dell’OCT, è, come detto, un esame invasivo.
L’esame fluorangiografico, tuttavia, rimane ancora un esame unico e indispensabile nella ricerca e nella valutazione dell’ischemia retinica.

                       

ESOFTALMOMETRIA

L’esoftalmometria è un esame che valuta la sporgenza del bulbo oculare dal bordo esterno dell’orbita.
In condizioni fisiologiche il bulbo oculare può avere una diversa sporgenza in rapporto alla forma dell’orbita e alla lunghezza del bulbo.
Alcune condizioni patologiche provocano un aumento della sporgenza del bulbo oculare.

COME SI ESEGUE L’ESAME?
La misura viene eseguita con l’esoftalmometro, un regolo graduato che viene appoggiato sul bordo esterno dell’orbita di entrambi gli occhi.
Attraverso un sistema di specchi, è possibile misurare la distanza in millimetri del vertice della cornea dal bordo orbitario.
Valori normali sono tra 10 e 14 mm nel bambino, e tra 15 e 19 mm nell’adulto.
Valori superiori sono considerati patologici.

A COSA  SERVE?
L’esoftalmo, cioè l’aumento della sporgenza del bulbo oculare, si verifica in conseguenza dell’espansione dei tessuti che si trovano all’interno dell’orbita.
Ciò può avvenire nel morbo di Basedow (ipertiroidismo) in seguito a un aumento del volume de grasso retrorbitario, oppure per la presenza di lesioni che occupano spazio all’interno dell’orbita, come masse tumorali o aneurismi.

ESAME DELL’ACUTEZZA VISIVA

L’esame dell’acutezza visiva, generalmente conosciuto come esame della vista, è l’esame in cui si valuta la capacità visiva del paziente, ossia la capacità di distinguere lettere o simboli di una certa dimensione a una distanza determinata.
In funzione della capacità di distinguere caratteri progressivamente più piccoli, viene  assegnato un punteggio in decimi, che è tanto più alto quanto più piccolo è il carattere che si è in grado di leggere (per esempio 10/10).
Il paziente esaminato può leggere un certo carattere a occhio nudo (acutezza visiva naturale), o posizionando davanti all’occhio una lente (acutezza visiva corretta). 
La lente che si deve utilizzare per consentire la migliore visione possibile può essere una lente negativa, che corregge la miopia, una lente positiva, che corregge l’ipermetropia, o una lente torica, che corregge l’astigmatismo.
Il potere delle lente che si deve utilizzare è espresso in diottrie.
Molte persone confondono i decimi con le diottrie, i quali, invece, esprimono due aspetti completamente diversi: i decimi misurano la capacità di distinguere caratteri di una certa dimensione (es: 5/10, 10/10 etc.); le diottrie misurano il potere della lente che si deve utilizzare per permettere all’occhio di raggiungere la migliore visione possibile.

COME SI ESEGUE  L’ESAME?
Il paziente viene posizionato a una distanza determinata dallo schermo con i caratteri (di solito a 3 o 5 metri) e gli viene fatta indossare la montatura di prova.
L’oculista chiede al paziente di leggere caratteri progressivamente più piccoli fino a dove riesce e, se necessario, ricerca la migliore visione possibile ponendo davanti all’occhio  lenti di diverse diottrie.

ESAME DEL FONDO DELL’OCCHIO

L’esame del fondo dell’occhio è l’esame con cui si valuta la porzione dell’occhio posta dietro al cristallino: il corpo vitreo, la retina, il nervo ottico.

COME SI ESEGUE?
L’esame del fondo dell’occhio richiede la dilatazione della pupilla con un collirio.
Esso viene eseguito con la lampada a fessura e con l’ausilio di una lente, che permette di mettere a fuoco la retina.
Tale lente può essere tenuta distanza dall’occhio o essere messa contatto con il bulbo oculare mediante l’utilizzo di un gel.
Questa seconda modalità viene riservata ai casi che richiedono una valutazione più dettagliata.
In alternativa, l’esame del fondo dell’occhio può essere eseguito, senza bisogno della lampada a fessura, con l’oftamoscopio indiretto (detto oftalmoscopio di Schepens) e  l’utilizzo di un’apposita lente.

A COSA SERVE?
L’esame del fondo dell’occhio è l’esame con cui si diagnosticano e si monitorano le malattie del segmento posteriore dell’occhio, come il distacco del vitreo, il distacco di retina, le malattie della macula, la retinopatia diabetica, le trombosi retiniche, la corioretinopatia sierosa centrale, i tumori della retina e della coroide, le uveiti che interessano la parte posteriore dell’occhio e  le malattie del nervo ottico.

ESAME DEL CAMPO VISIVO

Il campo visivo è l’area entro cui l’occhio percepisce la visione di un oggetto.
La valutazione del campo visivo avviene con l’utilizzo di uno strumento, chiamato perimetro computerizzato.

COME SI SVOLGE L’ESAME?
Il perimetro è dotato di una cupola a sfondo bianco, su cui vengono proiettati stimoli luminosi di diversa intensità e dimensione. 
Ciascun occhio viene esaminato separatamente.
Dopo aver bendato l’occhio che non viene esaminato, il paziente viene posizionato con mento e fronte appoggiati allo strumento, e invitato a fissare una mira al centro della cupola.
Quando vede una luce comparire all’interno della cupola, deve segnalarlo schiacciando un pulsante.
In funzione delle risposte date dal paziente, lo strumento valuta la sensibilità su tutta l’area del campo visivo, ed elabora uno schema con i risultati delle esame.

A COSA SERVE?
L’esame del campo visivo è fondamentale per porre diagnosi di glaucoma e per seguirne il decorso.
Il riscontro di alterazioni del campo visivo si ha, inoltre, nelle malattie che compromettono la funzionalità del nervo ottico o delle vie ottiche negli emisferi cerebrali.
Alterazioni del campo visivo si possono, altresì, presentare in malattie come la neurite ottica, le neuropatie ischemiche, gli eventi ischemici cerebrali, le lesioni cerebrali dovute a tumori espansivi o a interventi chirurgici.
Alterazioni del campo visivo si riscontrano, infine, nella retinite pigmentosa e nelle malattie della macula.

                                   

BREAK UP TIME

Il break up, o tempo di rottura del film lacrimale, è un test che permette di valutare la stabilità della lacrima.
In condizioni normali la lacrima costituisce uno strato sottile e uniforme di liquido che ricopre la cornea, assicurando protezione e nutrimento.
Un’alterazione della componente lipidica della lacrima ne aumenta l’evaporazione e provoca una precoce rottura dello strato di liquido dopo l’ammiccamento delle palpebre.

COME SI ESEGUE?
Il film lacrimale può essere reso visibile sotto luce blu cobalto alla lampada a fessura, dopo averlo colorato con fluoresceina.
L’esaminatore colora con fluoresceina il fornice congiuntivale del paziente e lo invita ad ammiccare più volte, affinché lo strato di fluoresceina si distribuisca in modo completo e uniforme. 
Il paziente viene invitato a mantenere gli occhi aperti per 10 secondi senza ammiccare, mentre il medico osserva il film lacrimale alla lampada a fessura con luce con filtro blu e misura dopo quanto tempo si rompe il film lacrimale.
Se il film lacrimale si rompe rivelando un punto di essiccamento prima del trascorrere di 10 secondi, si è in presenza di un film lacrimale instabile, che è caratteristico di un eccesso di evaporazione.

A COSA SERVE?
Il break up time permette di rilevare l’eccessiva evaporazione come causa dell’occhio secco.

                                    

BIOMETRIA

La biometria oculare è un esame con cui si acquisiscono alcune misure delle strutture oculari: la lunghezza anteroposteriore del bulbo oculare, l’ampiezza della camera anteriore, lo spessore del cristallino.
Esistono due metodi per acquisire queste misure:

  • La biometria a ultrasuoni, che è un’ecografia monodimensionale (A-scan).
  • La biometria ottica, che utilizza un raggio luminoso e si basa sul principio dell’interferometria ottica a coerenza. La biometria ottica ottiene generalmente misure più precise e riproducibili rispetto alla biometria a ultrasuoni, tuttavia non è eseguibile in tutti i casi. E’ necessario, infatti, che la luce possa attraversare le strutture oculari, cosa che non sempre avviene, come in presenza della cataratta completa.

A COSA SERVE?
L’esame biometrico è  necessario per calcolare il potere delle lente intraoculare che viene impiantata durante l’intervento di cataratta.
Per la scelta della lente è necessario conoscere, oltre alla lunghezza del bulbo, i valori di curvatura della cornea.
Tali valori vengono ottenuti separatamente (con uno cheratometro o con un topografo), nel caso in cui si esegua una biometria a ultrasuoni; oppure vengono acquisiti dallo stesso strumento, quando si esegue una biometria ottica.
Con i valori di curvatura della cornea e la lunghezza assiale è possibile calcolare il potere della lente da impiantare nell’intervento di cataratta, utilizzando specifiche formule di calcolo.

COME SI ESEGUE L’ESAME?
La biometria a ultrasuoni è un esame a contatto.
Dopo aver anestetizzato l’occhio, l’operatore appoggia la sonda ecografica sulla cornea ed esegue diverse misurazioni.
Tali misurazioni, insieme ai valori di curvatura della cornea precedentemente acquisiti, vengono processate dal biometro, che calcola il corretto potere della lente da impiantare.
Nella biometria ottica, invece, l’esame avviene senza contatto.
Il paziente viene invitato a fissare una mira all’interno del biometro.
L’operatore esegue le misurazioni delle lunghezza dell’occhio e della curvatura della cornea, e le processa per calcolare il potere della lente.

AUTOREFRATTOMETRIA

L’autorefrattometria è un esame diagnostico computerizzato che permette di determinare con buona precisione il tipo e l’entità di un difetto visivo: valore della miopia, ipermetropia, astigmatismo.
Il difetto visivo rilevato con l’autorefrattometria deve comunque essere verificato con l’esame della vista, in quanto i valori ottenuti con l’autorefrattometro possono risultare falsati a causa di una non adeguata fissazione, di pupille troppo strette e decentrate, di presenza di cataratta e, nei giovani, per uno spasmo accomodativo (la modificazione del sistema di messa fuoco dell’occhio che viene attivata nella visione da vicino).

COME SI SVOLGE L’ESAME?
L’autorefrattometria è un esame veloce, non a contatto e privo di qualunque rischio.
Il paziente appoggia il viso su un apposito supporto davanti allo strumento, e viene invitato a fissare un’immagine all’interno dell’obiettivo.
L’operatore, dopo avere messo a fuoco l’occhio da esaminare, esegue alcune misurazioni.

A COSA SERVE?
L’autorefrattometria fornisce all’oculista indicazioni utili all’esatta determinazione di un  difetto visivo.
Prima di procedere con la prescrizione di lenti correttive, tuttavia, tali dati vanno verificati con l’esame del visus all’ottotipo.

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