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YAG LASER PER GLAUCOMA ACUTO

Prevenzione
Un trattamento di iridotomia YAG laser, eseguito ambulatorialmente, previene il verificarsi di questa malattia invalidante.
Si raccomanda, pertanto, a tutte le persone con difetto ipermetropico elevato di sottoporsi a una visita oculistica e a un esame dell’angolo della camera anteriore.

Terapia
La terapia del glaucoma acuto è rivolta ad ottenere un rapida riduzione della pressione oculare.
Essa si avvale di mannitolo somministrato per via endovenosa, di inibitori dell’anidrasi carbonica  e di colliri miotici.
Ottenuta una riduzione della pressione, va eseguita un’iriditomia con laser YAG, se possibile, o altrimenti per via chirurgica.

TERAPIA DELL’OCCHIO SECCO

Per instaurare una corretta terapia dell’occhio secco è necessario riconoscerne la causa: se è dovuto a eccessiva evaporazione o a una ridotta produzione di lacrima.
Occorre, inoltre, valutare e, se possibile, correggere, ove presenti, una ridotta sensibilità per alterazione dell’innervazione, un’incompleta chiusura delle palpebre, una malattia infiammatoria della congiuntiva o una concomitante blefarite.
Per il trattamento dell’occhio secco vengono utilizzate:

– Lacrime artificiali 
L’uso frequente di lacrime artificiali può essere efficace per tutti i tipi di occhio secco.
Le lacrime artificiali più viscose permangono sulla superficie oculare più a lungo, mentre le lacrime artificiali che contengono lipidi polari, come la glicerina, riducono l’evaporazione; entrambi i tipi sono particolarmente utili nella cheratocongiuntivite secca da evaporazione. Lacrime artificiali in pomata o in gel applicate prima di dormire sono particolarmente utili quando i pazienti presentano lagoftalmo notturno o irritazione al risveglio.
La maggior parte dei casi viene trattata adeguatamente per tutta la vita con questa terapia sostitutiva.
Spesso può essere utile rimanere idratati, usare umidificatori ed evitare ambienti secchi e ventosi.
È importante non fumare ed evitare il fumo passivo.
In alcuni casi, può essere indicata l’occlusione del puntino nasolacrimale. 
La ciclosporina topica e un supplemento di acido grasso alimentare ω-3, possono costituire un utile contributo per alcuni pazienti.
 I pazienti con occhio secco da eccessiva evaporazione spesso beneficiano di un trattamento della blefarite concomitante e rosacea associata.
I rimedi terapeutici sono i  seguenti:
– Applicazione di caldo umido attraverso impacchi caldi d’acqua, o attraverso l’utilizzo di altri dispositivi.
– Pulizia del margine palpebrale con salviette contenente prodotti antisettici o schiume o gel contenenti Tea Tree Oil, e/o pomate e colliri antibiotici contenenti Tetraciclina.
– Cortisonici di superficie (ad es: Idrocortisone) in collirio
– Tetracicline per bocca, ad es: Doxaciclina  50 o 100 mg  per bocca 1 volta/die in caso di dermatite rosacea (controindicata nei pazienti in gravidanza o allattamento).

TERAPIA DEL GLAUCOMA ACUTO

Prevenzione
Un trattamento di iridotomia YAG laser, eseguito ambulatorialmente, previene il verificarsi di questa malattia invalidante.
Perciò, si raccomanda a tutte le persone con difetto ipermetropico elevato di sottoporsi a una visita oculistica e a un esame dell’angolo della camera anteriore.

Terapia
La terapia del glaucoma acuto è rivolta a ottenere una rapida riduzione della pressione oculare.
Essa si avvale di mannitolo somministrato per via endovenosa, di inibitori dell’anidrasi carbonica e di colliri miotici.
Ottenuta la riduzione della pressione, va eseguita un’iriditomia con laser YAG, se possibile, o altrimenti occorre intervenire per via chirurgica.

TERAPIA E INTERVENTI PER GLAUCOMA CRONICO

La terapia del glaucoma ha lo scopo di ridurre la pressione oculare a valori sufficienti ad arrestare la progressione del danno del nervo ottico. 
Generalmente, riducendo la pressione oculare entro i valori  normali, meglio se al di sotto di 15 mmHg, si assiste a una stabilizzazione del campo visivo.
Diverse categorie di  farmaci, che vengono somministrati in collirio, sono in grado di ridurre la pressione oculare.

Essi sono:

  • Betabloccanti
  • Simpatico mimetici
  • Inibitori dell’anidrasi carbonica
  • Prostaglandine

Alla terapia ipotonizzante con collirio possono essere associati farmaci che migliorano il trofismo del nervo ottico, detti neuroprotettori, i quali vengono somministrati per bocca.
Tra questi la più studiata è la Citicolina.
Qualora la terapia farmacologica risulti insufficiente, è possibile ridurre la pressione oculare attraverso trattamenti laser: argonlasertrabeculoplastica; o la più moderna trabeculoplastica selettiva SLT, intervento ripetibile a differenza del primo; oppure ricorrere a un intervento chirurgico.

INTERVENTI CHIRURGICI
La chirurgia del glaucoma ha lo scopo di ridurre la pressione oculare, creando una via di deflusso alternativo dell’umor acqueo dalla camera anteriore dell’occhio.
Gli interventi per il glaucoma vengono eseguiti in anestesia locale.
E’ molto importante monitorare nel periodo post operatorio il grado di filtrazione dell’umor acqueo, che non deve essere ne insufficiente ne eccessivo.
Esistono varie opzioni chirurgiche:

Trabeculectomia
E’ un intervento che crea una comunicazione diretta tra la camera anteriore dell’occhio e lo spazio sottocongiuntivale, attraverso l’asportazione di un tassello del tessuto dell’angolo corneo sclerale e la creazione di uno sportello nella sclera.
E’ indicato per il glaucoma ad angolo aperto, ad angolo stretto, per il glaucoma pigmentario e per il glaucoma pseudo esfoliativo.

Sclerotomia profonda
In questo intervento viene creato uno spazio nella sclera, rimuovendo un tassello di tessuto che favorisce la fuoriuscita dell’umor acqueo senza una diretta comunicazione con la camera anteriore.
E’ indicato per il glaucoma ad angolo aperto, per il glaucoma pigmentario e per il glaucoma pseudo esfoliativo, non per il glaucoma ad angolo stretto.

Impianto di dispositivi drenanti
L’intervento consiste nell’impianto di un dispositivo drenante, l’umor acqueo, dalla camera anteriore.
Questo dispositivo può essere o non essere valvolato.
Tale intervento è indicato nei glaucomi con pressione più difficile da normalizzare, compreso il glacuoma neovascolare, nel caso in cui il paziente conservi una residua acuità visiva.

MIGS ( minimally invasive glaucoma surgeries)
Si tratta di interventi in cui vengono introdotti dispositivi che drenano l’umor acqueo.
E’ una chirurgia mini invasiva che, tuttavia, ottiene risultati limitati in termini di riduzione della pressione oculare.

Ruolo dell’intervento di cataratta
Spesso l’intervento di glaucoma viene fatto precedere o associato all’intervento di cataratta.
Ciò per alcuni motivi:

  • L’asportazione della cataratta contribuisce da sè alla riduzione della pressione oculare.
  • L’intervento di glaucoma favorisce la comparsa di cataratta.
  • L’esecuzione dell’intervento di cataratta dopo l’intervento di glaucoma può ridurre l’effetto filtrante di quest’ultimo.

L’INTERVENTO LASER MIOPIA

La miopia può essere corretta con un intervento laser con le tecniche PRK, LASIK e SMILE.
I valori di miopia che si possono correggere con il laser dipendono dallo spessore e dai valori delle curvature della cornea, e dal diametro della pupilla.
Di solito si possono correggere con il laser fino a 8-9 diottrie di miopia.
L’intervento di correzione laser è un intervento ambulatoriale della durata di alcuni minuti ed è indolore. 
L’anestesia viene eseguita con anestetico in collirio e l’intervento richiede che il paziente sia collaborativo.
Con l’intervento di PRK si ottiene un recupero visivo che permette di riprendere le abituali attività come leggere o guidare dopo 8-10 giorni, mentre con l’intervento di LASIK o SMILE il recupero è pressochè immediato ed è possibile svolgere queste attività già dopo 1-2 giorni.
Dopo l’intervento il paziente dovrà instillare colliri per qualche mese e proteggere gli occhi dal sole con occhiali scuri.
La  scelta di quale intervento eseguire verrà fatta dal chirurgo oculista in base all’entità del difetto da correggere, alle curvature e allo spessore della cornea, allo stato della superficie oculare, alle abitudini di vita e all’età del paziente.
Per ulteriori informazioni sulla chirurgia laser e sulle tecniche PRK, LASIK e SMILE si veda la sezione: intervento laser PRK, LASIK, SMILE.

CHIRURGIA REFRATTIVA (DOMANDE SU)

Quali sono i defetti  che si possono correggere con la chirurgia refrattiva?
E’ possibile correggere  miopia, ipermetropia e astigmatismo. La correzione della presbiopia presenta forti limiti: buoni anche se parziali risultati si ottengono con la correzione laser se la presbiopia  associata all’ipermetropia. Una possibile altra soluzione per corregere la presbiopia, da attuarsi nella correzione laser di un difetto refrattivo, è la miopizzazione dell’occhio non dominante in modo da privilegiarne la visione da vicino. Per verificare se questa condizione è ben sopportata è consigliabile riprodurla prima dell’intervento facendo indossare lenti a contatto.  Buoni risultati nella correzione della presbiopia infine si ottengono nell’intervento di facoexersi con impianto di lenti multifocali.

Da che età è consigliabile eseguire un intervento di chirurgia refrattiva?
Il criterio  è la stabilità del difetto refrattivo, quando cioè il difetto è stabile da un certo tempo perché l’occhio ha completato il suo periodo di crescita anatomica?

Fino a che valore si può correggere la miopia, l’ipermetropia e l’astigmatismo?
I limIti della correzione laser dei difetti refrattivi sono dettati dalla necessità che la cornea conservi adeguate caratteristiche geometriche e strutturali. La cornea costituisce la principale lente dell’organo della vista. Il trattamento laser modifica la curvatura della cornea appiantendola nella correzione della miopia e dell’astigmatismo miopico e incurvandola nella correzione di ipermetropia e astigmatismo ipermetropico. Inoltre la correzione laser comporta la rimozione di tessuto e quindi un assotigliamento della cornea. Entrambe queste modificazioni devono avvenire entro certi limiti.
Si può affermare che mediamente è possibile correggere la miopia fina a 8-9 diottrie,  ipermetropia fino a 4-5 diottrie e l’astigmatismo fino a  5 diottrie.

Fino a  che età è possibile sottoporsi alla chirurgia refrattiva?
Non esiste un età limite per sottoporsi alla chirurgia refrattiva. E’ però necessario che i tessuti oculari siano normali: Il cristallino non presenti segni di cataratta e la lacrimazione sia adeguata.

Quali tecniche si possono usare nella chirurgia refrattiva laser?
Si distinguono tecniche di superficie: PRK, lasek,   queste tecniche prevedono la rimozione dell’epitelio con vari metodi e il rimodellamento della cornea sottostante con il laser ad eccimeri.
La lasik che prevede la conservazione dell’epitelio attraverso la creazione di un lembo superficiale di cornea contenente l’epitelio. Questo lembo viene ribaltato per eseguire il trattamento con laser ad eccimeri e poi riposizionato. Il lembo in origine veniva  creato con uno strumento tagliente meccanico: il microcheratomo. L’avvento del laser a femtosecondi, un laser che permette di creare un piano nel tessuto corneale senza produrre tagli, ha reso questa tecnica precisa e sicura.
Un ultima tecnica chiamata Smile prevede l’ asportazione dall’interno dello stroma corneale di un lenticolo di tessuto ottenuto con il laser a femtosecondi di spessore determinato in base al difetto da correggere.

Quali sono le differenze fra la  lasik con laser a femtosecondi e la PRK?
La tecnica lasik con laser a femtosecondi garantisce gli stessi risultati della PRK ma consente un recupero visivo molto più rapido. Già il giorno dopo l’intervento la qualità della visione  è tale da consentire  di svolgere una vita normale. Inoltre  questo intervento evita i postumi fastidiosi e talvolta dolorosi che si manifestano i primi 2 o 3 giorni dopo l’esecuzione della PRK.
Tuttavia non tutti i pazienti sono candidabili all’intervento di lasik con laser a femtosecondi. Devono presentare uno spessore corneale sufficientemente elevato per poter da essere sottoposti a questo intervento. Inoltre per i soggetti più giovani, per i quali vi è  una maggior rischio di progressione nel tempo e quindi maggior probabilità di necessitare di un ritrattamento, è preferibile eseguire un intervento di PRK poiché il ritrattamento presenta minori difficoltà

Quali differenze ci sono nel decorso operatorio fra la tecnica PRK e lasik?
Le differenze sono nei tempi di recupero e nelle caratteristiche del decorso post operatorio. Quando si esegue una PRK si rimuove l’epitelio corneale che impiega circa 3 giorni per rigenerarsi. In questo periodo l’occhio lacrima e la visione è annebbiata. Dopo la riformazione dell’epitelio la qualità della visione migliora progressivamente e di solito, dopo 8-10 giorni , è possibile riprendere le attività abituali. Quando si esegue una lasik il decorso post operatorio è indolore e immediato. Il paziente può già vedere bene il giorno dopo.

In base a quale criterio viene scelto l’intervento di PRK o lasik?
L’intervento di lasik eseguito con il laser a femtosecondi presenta gli stessi profili di sicurezza dell’intervento di PRK mentre offre tempi di recupero più rapidi e minor fastidi post operatori. Per questi motivi quando è possibile  è il trattamento da preferire. Tuttavia nell’intervento di lasik  il trattamento viene eseguito a maggiore profondità rispetto alla PRK quindi è necessario che la cornea presenti uno spessore sufficiente a renderla idonea al questo trattamento. Per questo motivo valori di miopia molto elevati difficilmente potranno essere trattati con la tecnica Lasik. Al contrario la presbiopia in cui viene trattata la periferia della cornea, vanno preferibilmente  trattati con  la tecnica Lasik.
Per i ragazzi più giovani la PRK  è il trattamento di scelta poiché in queste persone la probabilità che il difetto nel tempo possa ulteriormente progredire è più alta e i  ritrattamenti sono più semplici da eseguire con PRK. Stessa scelta a favore della PRK và fatta per gli sportivi che eseguono attività a rischio di trauma, poiché un trauma corneale in un occhio sottoposto a PRK è potenzialmente meno dannoso  che in un occhio sottoposto a lasik.

Quali sono le possibili complicanze degli interventi di chirurgia refrattiva?
E’ importante nella chirurgia refrattiva una corretta scelta dei candidati. Non tutti i pazienti per età, condizioni generali, condizioni oculari ed entità del difetto possono essere sottoposti ad intervento. Una corretta selezione del paziente evita la comparsa di complicanze di rilievo.
Possibili complicanze sono la regressione ovvero un minima ricomparsa del difetto refrattivo entro il primo anno per effetto dei processi ripartivo-cicatriziali che interessano la cornea e, nel caso della PRK, la comparsa di haze, ovvero una lieve riduzione della trasparenza corneale che può comparire nei primi mesi dopo l’intervento. Con i laser che si utilizzano oggi queste complicanze sono rare e sono curabili con un’adeguata terapia medica in collirio.

E’ possibile sottoporsi ad intervento di chirurgia refrattiva con il Sistema Sanitario Nazionale?
I livelli essenziali di assistenza prevedono l’erogazione degli interventi di chirurgia refrattiva con il sistema sanitario nazionale nei seguenti casi: astigmatismo superiore alle 4 diottrie, differenza di difetto refrattivo tra i due occhi di almeno 4 diottrie solo per l’occhio con il difetto più elevato, difetti refrattivi esito di  interventi chirurgici sull’occhio.

E’ possibile la correzione di difetti che non possono essere trattati con il laser?
Per difetti di entità troppo elevata per essere corretti con la chirurgia laser si può ricorrere all’impianto di una lente intraoculare segueno questi criteri:
nelle persone giovani che ancora conservano la capacità di messa a fuoco da vicino è possibile impiantare una  lente intraoculare conservando il cristallino, sempre che l’occhio presenti lo spazio sufficiente per poter introdurre una lente.  Queste lenti possono essere introdotte in camera anteriore davanti all’iride a cui vengono fissate o dietro all’iride tra quest’ultima e il cristallino.
Per persone oltre i 40-45 anni è possibile eseguire un intervento di facoexeresi (asportazione del nucleo del cristallino con impianto di lente nel sacco capsulare). Questo intervento, che nella modalità di esecuzione è analogo all’estrazione di cataratta, permette di correggere miopia, ipermetropia, astigmatismo e presbiopia con l’introduzione di lenti multifocali.

INTERVENTO DI VITRECTOMIA

L’intervento di vitrectomia consiste nell’asportazione del corpo vitreo.
Tale intervento viene eseguito sia per rimuovere il corpo vitreo, sia per eseguire manovre chirurgiche sulla retina.
L’intervento di vitrectomia viene eseguito per curare il distacco di retina, per rimuovere le membrane epiretiniche (pucker maculare), per trattare il foro maculare, per asportare il vitreo in cui si è verificata un’emorragia (emovitreo), come succede nella retinopatia diabetica o nelle occlusioni venose retiniche in cui si sono formati dei neovasi, per asportare il vitreo, intorbidito a causa di un’uveite cronica posteriore o interessato da un processo infettivo come nell’endoftalmite.
L’intervento di vitrectomia viene generalmente eseguito in anestesia locale.
Nell’occhio vengono praticati tre piccoli fori, in cui vengono introdotti gli strumenti con cui si eseguono le manovre chirurgiche.
Durante l’intervento di vitrectomia possono essere eseguite alcune manovre, come il trattamento laser della retina.
Il vitreo rimosso con la vitrectomia viene sostituito con un liquido avente una densità simile all’acqua.
In alcuni casi, come nell’intervento per distacco, il vitreo può essere sostituito con gas o con olio di silicone, i quali hanno la funzione di tamponare le rotture retiniche.
Alcune di queste sostanze, come i gas, si riassorbono spontaneamente e vengono naturalmente sostituite da acqua; altre, come l’olio di silicone, devono essere rimosse con un successivo intervento.

TRAPIANTO DI ENDOTELIO CORNEALE – DSAEK e DMEK

Il trapianto di endotelio corneale (cheratoplastica endoteliale) è un intervento chirurgico indicato nei pazienti che presentano una perdita di trasparenza della cornea a causa di una malattia dell’endotelio corneale.

L’endotelio costituisce lo strato più interno della cornea, e riveste un ruolo di fondamentale importanza nel mantenimento della trasparenza corneale.

La cornea, per le sue caratteristiche osmotiche, tende a richiamare acqua al suo interno; ciò aumenta la distanza fra le lamelle di collagene, e riduce la trasparenza del tessuto. Questo effetto è bilanciato dall’endotelio, che svolge un’azione di pompa, trasferendo acqua dall’interno all’esterno della cornea.

Danni all’endotelio corneale possono verificarsi per diverse cause: degenerazioni congenite, distrofia di Fuchs, distrofia endoteliale polimorfa, esiti di interventi chirurgici, attacchi di glaucoma, malattie infiammatorie croniche dell’occhio.

Un danno all’endotelio riduce il numero di cellule efficienti, e impedisce un’efficace azione di pompa, provocando una perdita irreversibile della trasparenza corneale.

Tale perdita di trasparenza è spontaneamente irreversibile, poiché le cellule endoteliali non si rigenerano.

Alcuni anni fa è stata introdotta una tecnica chirurgica che ha sostituito la cheratoplastica perforante nella terapia di questa malattia.

Detta tecnica chirurgica, chiamata DSAEK (Descmetic Stripping Automated Endothelial Keratoplasty), prevede la sostituzione dell’endotelio corneale malato con l’endotelio di un donatore.

Le fasi di questo intervento sono: l’asportazione dell’endotelio del paziente attraverso una piccola incisione nella cornea, la preparazione e l’inserimento nella camera anteriore dell’occhio di una lamella di tessuto corneale formata da endotelio, membrana di Descemet e stroma corneale ottenuta sezionando la cornea  del donatore, l’iniezione in camera anteriore di una bolla d’aria che, posizionando il paziente supino con lo sguardo in alto, spinge il tessuto introdotto ad aderire alla cornea ricevente senza ricorrere a suture.

Fig.1. Lembo di DSAEK costituito da endotelio e stroma del donatore aderente alla cornea ricevente dopo essere stato posizionato con l’iniezione in camera anteriore di una bolla d’aria.  

Fig.2. OCT: in vivo il lembo del donatore e la cornea ricevente.

Di più recente introduzione è un intervento ancora più selettivo chiamato DMEK, in cui viene introdotto nell’occhio il solo endotelio corneale.

Questo intervento, decisamente di maggiori difficoltà tecniche, assicura un più rapido recupero della funzione visiva e un minor rischio di rigetto rispetta a DSAEK (Fig.3).

Fig.3. Confronto tra DSAEK e DMEK. Si noti la differenza di spessore del tessuto introdotto nei due interventi: nella DSAEK viene inserita assieme all’endotelio una porzione di stroma corneale; nella DMEK viene introdotto nell’occhio il solo endotelio corneale.

Entrambe queste tecniche assicurano importanti vantaggi rispetto alla tradizionale cheratoplastica perforante:

  • Non necessitano di sutura se non alcuni punti sulle incisioni corneali che vengono presto rimossi. Ciò garantisce un rapido recupero della funzione visiva. Nella cheratoplastica perforante, viceversa, possono generarsi astigmatismi, talvolta elevati, che impediscono un rapido ristabilimento della funzione visiva.
  • E’ un intervento ripetibile senza grosse difficoltà qualora la vitalità del lembo trapiantato non si rivelasse soddisfacente.
  • E’ un intervento cosiddetto a bulbo chiuso, ovvero l’occhio non viene mai privato della copertura corneale, a differenza della cheratoplastica perforante. Questo riduce molto i rischi legati al verificarsi di una complicanza come l’emorragia espulsiva, evento raro ma molto temibile quando si verifica in un intervento ad occhio aperto come è la cheratoplastica perforante.

L’intervento di cheratoplastica endoteliale, sia DSAEK che DMEK, viene eseguito in anestesia locale.

Dopo l’intervento, il paziente deve rimanere alcune ore in posizione supina, con lo sguardo in alto per permettere alla bolla d’aria iniettata nell’occhio di far aderire l’endotelio introdotto alla cornea ricevente.

Il recupero visivo avviene progressivamente in alcune settimane.

TRAPIANTO DI CORNEA PERFORANTE

Il trapianto di cornea perforante (cheratoplastica perforante) consiste nella rimozione di una porzione di cornea a tutto spessore, che viene sostituita con una cornea prelevata da un donatore.
Tale tipo di trapianto è indicato in presenza di lesioni che coinvolgono tutto lo spessore corneale o nei casi in cui, per diversi motivi, non sia eseguibile, o sia particolarmente difficoltosa, l’esecuzione di una chirurgia selettiva.
La cheratoplastica perforante, che costituiva fino a non molti anni fa l’unico tipo di trapianto di cornea, oggi in molti casi viene sostituita dalla cheratoplastica lamellare profonda (DALK o PD-DALK) o dalla cheratoplastica endoteliale (DSAEK o DMEK).
Tuttavia, molti chirurghi ancora oggi preferiscono affidarsi a tale tecnica, che peraltro costituisce un’indicazione obbligata in caso di perforazione corneale o di lesione che coinvolga il tessuto della cornea in toto.
L’intervento prevede l’asportazione mediante un trapano corneale di anello centrale di cornea, il taglio di un anello di analoghe dimensioni (di solito appena più grande) dalla cornea del donatore, o del tessuto asportato, e la sutura di questo con la cornea ricevente. (Figg.1 e 2).

L’intervento può essere eseguito in anestesia generale o in anestesia locale, a seconda del caso, delle preferenze del chirurgo e del paziente.
Il decorso post operatorio prevede la permanenza dei punti di sutura per almeno 1 anno.
Il recupero visivo è generalmente progressivo.
La persistenza di astigmatismo elevato può condizionare la qualità della visione almeno fino alla rimozione dei punti, e, talvolta, può richiedere l’esecuzione di procedure per la correzione dell’astigmatismo da effettuare dopo la rimozione dei punti.
In ultimo, deve essere data adeguata importanza al rischio di rigetto, che sussiste sempre, ma è più elevato in alcuni casi, come negli esiti di cheratite da Herpes, o in presenza di patologie croniche infiammatorie dell’occhio.
Dopo ogni intervento, deve essere somministrata una terapia per la prevenzione del rigetto e, in caso di comparsa di segni di rigetto, la terapia immunosoppressiva deve essere instaurata più presto possibile.

IL TRAPIANTO DI CORNEA LAMELLARE ANTERIORE (DALK o PD-DALK)

L’intervento di trapianto lamellare anteriore (cheratoplastica lamellare anteriore) è indicato in tutte quelle malattie della cornea che interessano il tessuto corneale, e nelle quali vi è l’endotelio corneale (lo strato più interno della cornea) sano.
E’ l’intervento di scelta per il cheratocono, le opacità corneali esito di infezioni, traumi non a tutto spessore, degenerazioni corneali che non coinvolgono l’endotelio.
Detto intervento consiste nella sostituzione della gran parte del tessuto della cornea con la sola conservazione dello strato più interno; infatti, l’intervento garantisce una buona qualità visiva quando viene asportato il tessuto corneale in profondità conservando il solo endotelio corneale e la sovrastante membrana di Descemet (intervento chiamato DALK), o vengono lasciate poche decine di microns di tessuto al di sopra della membrana di Descemet ( PD-DALK ) (Fig.1).

Nel caso in cui non si sia ottenuta una separazione del tessuto corneale dalla membrana di Descemet iniettando la bolla d’aria, si deve procedere ad asportare manualmente il tessuto corneale fino a avvicinarsi il più possibile alla membrana di Descemet, e quindi impiantare il lembo del donatore.
L’intervento di cheratoplastica lamellare anteriore può essere eseguito in anestesia locale o generale, ed è da preferire alla cheratoplastica perforante per i seguenti motivi:

  • Viene conservato l’endotelio corneale del paziente, con conseguente eliminazione del rischio che si verifichino reazioni di rigetto rivolte contro l’endotelio del donatore, le quali costituiscono la prima e più seria causa di rigetto del trapianto di cornea. In particolare, la chirurgia lamellare è indicata per quei casi che sono a maggior rischio di rigetto, come le opacità della cornea che costituiscano esito di infezioni da herpes, o di ustioni.
  • La conservazione dell’endotelio del  paziente, che possiede un numero di cellule ed una vitalità superiori all’endotelio della cornea del donatore, garantisce al trapianto una sopravvivenza decisamente più lunga.
  • E’ una chirurgia a bulbo chiuso, quindi più sicura. Viene minimizzato il rischio legato al verificarsi di un’emorragia espulsiva, evento non frequente ma molto temibile in caso di cheratoplastica perforante, che viceversa può costituire un’evenienza del tutto irrilevante durante un intervento di cheratoplastica lamellare.
  • Vengono escluse le complicanze derivanti dall’assenza della camera anteriore per  scarsa tenuta della ferita chirurgica.
  • Il minor rischio di rigetto permette di eseguire trapianti più ampi riducendo l’astigmatismo, il quale costituisce una delle cause che possono rendere più lungo il recupero di una qualità visiva ottimale.

L’intervento di cheratoplastica lamellare anteriore può essere eseguito in anestesia generale o in anestesia locale a seconda del caso, delle preferenze del chirurgo e del paziente.

Il decorso post operatorio prevede la permanenza dei punti di sutura di solito per 1 anno.

Il recupero visivo è generalmente progressivo.

La persistenza di astigmatismo elevato può condizionare la qualità della visione almeno fino alla rimozione dei punti, e talvolta richiedere l’esecuzione di procedure per la correzione dell’astigmatismo da eseguire dopo la rimozione dei punti.