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TRAPIANTO DI CORNEA PERFORANTE

Il trapianto di cornea perforante (cheratoplastica perforante) consiste nella rimozione di una porzione di cornea a tutto spessore, che viene sostituita con una cornea prelevata da un donatore.
Tale tipo di trapianto è indicato in presenza di lesioni che coinvolgono tutto lo spessore corneale o nei casi in cui, per diversi motivi, non sia eseguibile, o sia particolarmente difficoltosa, l’esecuzione di una chirurgia selettiva.
La cheratoplastica perforante, che costituiva fino a non molti anni fa l’unico tipo di trapianto di cornea, oggi in molti casi viene sostituita dalla cheratoplastica lamellare profonda (DALK o PD-DALK) o dalla cheratoplastica endoteliale (DSAEK o DMEK).
Tuttavia, molti chirurghi ancora oggi preferiscono affidarsi a tale tecnica, che peraltro costituisce un’indicazione obbligata in caso di perforazione corneale o di lesione che coinvolga il tessuto della cornea in toto.
L’intervento prevede l’asportazione mediante un trapano corneale di anello centrale di cornea, il taglio di un anello di analoghe dimensioni (di solito appena più grande) dalla cornea del donatore, o del tessuto asportato, e la sutura di questo con la cornea ricevente. (Figg.1 e 2).

L’intervento può essere eseguito in anestesia generale o in anestesia locale, a seconda del caso, delle preferenze del chirurgo e del paziente.
Il decorso post operatorio prevede la permanenza dei punti di sutura per almeno 1 anno.
Il recupero visivo è generalmente progressivo.
La persistenza di astigmatismo elevato può condizionare la qualità della visione almeno fino alla rimozione dei punti, e, talvolta, può richiedere l’esecuzione di procedure per la correzione dell’astigmatismo da effettuare dopo la rimozione dei punti.
In ultimo, deve essere data adeguata importanza al rischio di rigetto, che sussiste sempre, ma è più elevato in alcuni casi, come negli esiti di cheratite da Herpes, o in presenza di patologie croniche infiammatorie dell’occhio.
Dopo ogni intervento, deve essere somministrata una terapia per la prevenzione del rigetto e, in caso di comparsa di segni di rigetto, la terapia immunosoppressiva deve essere instaurata più presto possibile.

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