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Autore: Paolo Garimoldi

TRAPIANTO DI CORNEA PERFORANTE

Il trapianto di cornea perforante (cheratoplastica perforante) consiste nella rimozione di una porzione di cornea a tutto spessore, che viene sostituita con una cornea prelevata da un donatore.
Tale tipo di trapianto è indicato in presenza di lesioni che coinvolgono tutto lo spessore corneale o nei casi in cui, per diversi motivi, non sia eseguibile, o sia particolarmente difficoltosa, l’esecuzione di una chirurgia selettiva.
La cheratoplastica perforante, che costituiva fino a non molti anni fa l’unico tipo di trapianto di cornea, oggi in molti casi viene sostituita dalla cheratoplastica lamellare profonda (DALK o PD-DALK) o dalla cheratoplastica endoteliale (DSAEK o DMEK).
Tuttavia, molti chirurghi ancora oggi preferiscono affidarsi a tale tecnica, che peraltro costituisce un’indicazione obbligata in caso di perforazione corneale o di lesione che coinvolga il tessuto della cornea in toto.
L’intervento prevede l’asportazione mediante un trapano corneale di anello centrale di cornea, il taglio di un anello di analoghe dimensioni (di solito appena più grande) dalla cornea del donatore, o del tessuto asportato, e la sutura di questo con la cornea ricevente. (Figg.1 e 2).

L’intervento può essere eseguito in anestesia generale o in anestesia locale, a seconda del caso, delle preferenze del chirurgo e del paziente.
Il decorso post operatorio prevede la permanenza dei punti di sutura per almeno 1 anno.
Il recupero visivo è generalmente progressivo.
La persistenza di astigmatismo elevato può condizionare la qualità della visione almeno fino alla rimozione dei punti, e, talvolta, può richiedere l’esecuzione di procedure per la correzione dell’astigmatismo da effettuare dopo la rimozione dei punti.
In ultimo, deve essere data adeguata importanza al rischio di rigetto, che sussiste sempre, ma è più elevato in alcuni casi, come negli esiti di cheratite da Herpes, o in presenza di patologie croniche infiammatorie dell’occhio.
Dopo ogni intervento, deve essere somministrata una terapia per la prevenzione del rigetto e, in caso di comparsa di segni di rigetto, la terapia immunosoppressiva deve essere instaurata più presto possibile.

IL TRAPIANTO DI CORNEA LAMELLARE ANTERIORE (DALK o PD-DALK)

L’intervento di trapianto lamellare anteriore (cheratoplastica lamellare anteriore) è indicato in tutte quelle malattie della cornea che interessano il tessuto corneale, e nelle quali vi è l’endotelio corneale (lo strato più interno della cornea) sano.
E’ l’intervento di scelta per il cheratocono, le opacità corneali esito di infezioni, traumi non a tutto spessore, degenerazioni corneali che non coinvolgono l’endotelio.
Detto intervento consiste nella sostituzione della gran parte del tessuto della cornea con la sola conservazione dello strato più interno; infatti, l’intervento garantisce una buona qualità visiva quando viene asportato il tessuto corneale in profondità conservando il solo endotelio corneale e la sovrastante membrana di Descemet (intervento chiamato DALK), o vengono lasciate poche decine di microns di tessuto al di sopra della membrana di Descemet ( PD-DALK ) (Fig.1).

Nel caso in cui non si sia ottenuta una separazione del tessuto corneale dalla membrana di Descemet iniettando la bolla d’aria, si deve procedere ad asportare manualmente il tessuto corneale fino a avvicinarsi il più possibile alla membrana di Descemet, e quindi impiantare il lembo del donatore.
L’intervento di cheratoplastica lamellare anteriore può essere eseguito in anestesia locale o generale, ed è da preferire alla cheratoplastica perforante per i seguenti motivi:

  • Viene conservato l’endotelio corneale del paziente, con conseguente eliminazione del rischio che si verifichino reazioni di rigetto rivolte contro l’endotelio del donatore, le quali costituiscono la prima e più seria causa di rigetto del trapianto di cornea. In particolare, la chirurgia lamellare è indicata per quei casi che sono a maggior rischio di rigetto, come le opacità della cornea che costituiscano esito di infezioni da herpes, o di ustioni.
  • La conservazione dell’endotelio del  paziente, che possiede un numero di cellule ed una vitalità superiori all’endotelio della cornea del donatore, garantisce al trapianto una sopravvivenza decisamente più lunga.
  • E’ una chirurgia a bulbo chiuso, quindi più sicura. Viene minimizzato il rischio legato al verificarsi di un’emorragia espulsiva, evento non frequente ma molto temibile in caso di cheratoplastica perforante, che viceversa può costituire un’evenienza del tutto irrilevante durante un intervento di cheratoplastica lamellare.
  • Vengono escluse le complicanze derivanti dall’assenza della camera anteriore per  scarsa tenuta della ferita chirurgica.
  • Il minor rischio di rigetto permette di eseguire trapianti più ampi riducendo l’astigmatismo, il quale costituisce una delle cause che possono rendere più lungo il recupero di una qualità visiva ottimale.

L’intervento di cheratoplastica lamellare anteriore può essere eseguito in anestesia generale o in anestesia locale a seconda del caso, delle preferenze del chirurgo e del paziente.

Il decorso post operatorio prevede la permanenza dei punti di sutura di solito per 1 anno.

Il recupero visivo è generalmente progressivo.

La persistenza di astigmatismo elevato può condizionare la qualità della visione almeno fino alla rimozione dei punti, e talvolta richiedere l’esecuzione di procedure per la correzione dell’astigmatismo da eseguire dopo la rimozione dei punti.

IL TRAPIANTO DI CORNEA

La cornea costituisce la parte anteriore del bulbo oculare.
Insieme al cristallino, essa svolge la funzione di lente, ossia contribuisce a deviare la luce in modo che la luce proveniente dagli oggetti vada a fuoco sulla retina.
Per svolgere correttamente questa funzione, è necessario che la cornea abbia una forma geometrica regolare (grossolanamente simile ad una sezione di sfera), e che sia trasparente.
Tutte le malattie che riducono la trasparenza della cornea (malattie infettive, degenerative, traumi, scompenso dell’endotelio corneale), o che ne alterano le caratteristiche geometriche (degenerazioni stromali come il cheratocono, o la degenerazione corneale pellucida) in modo da alterare gravemente la capacità visiva, necessitano del trapianto della cornea, che consiste nella sostituzione del tessuto malato con dell’altro sano prelevato da un donatore.
Oggi  si possono eseguire diversi tipi di trapianto:

Cheratoplastica perforante
Essa consiste nella sostituzione della cornea in toto.
Questo intervento è da riservarsi ai casi in cui ci sia un danno che interessa la cornea in tutto il suo spessore.  

Cheratoplastica lamellare anteriore profonda descmetica o predescmetica (DALK o PD-DALK)
L’indicazione alla cheratoplastica lamellare vi è per tutte le malattie della cornea che riducono significativamente la qualità visiva, ma in cui è preservata l’integrità dell’endotelio corneale.
Malattie degenerative come il cheratocono o la degenerazione corneale pellucida, degenerazioni stromali profonde, opacità corneali che siano esiti di traumi o di processi infettivi, trovano nella cheratoplastica lamellare la più corretta soluzione terapeutica.
In particolare, la cheratoplastica lamellare è particolarmente indicata in quelle patologie in cui i rischi di rigetto del lembo trapiantato sono maggiori, come nelle opacità esiti di cheratite erpetica, nelle ustioni o nei traumi con marcata alterazione della superficie oculare.

Cheratoplastica endoteliale (DSAEK e DMEK)
E’ indicata nei pazienti che presentano una perdita di trasparenza della cornea a causa di una malattia dell’endotelio corneale.
Danni all’endotelio corneale possono verificarsi per diverse cause: degenerazioni congenite, esiti di interventi chirurgici, attacchi di glaucoma, malattie infiammatorie croniche dell’occhio.

TEST DI SHIRMER

Il test di Schirmer valuta la produzione quantitativa delle lacrime.

COME SI ESEGUE?
Dopo aver tamponato l’occhio chiuso per rimuovere le lacrime in eccesso, si pone una striscia di carta assorbente, senza anestesia topica, alla giunzione tra il terzo medio e laterale della palpebra inferiore.
Si invita il paziente a rimanere con gli occhi aperti o chiusi senza strizzare.
Se dopo 5 min in due occasioni successive non si inumidisce la striscia per almeno 5 mm, il paziente è affetto da un deficit di produzione delle lacrime.

A COSA SERVE?
Il test di Shirmer permette di valutare la produzione della lacrime.
Esso ci permette, quindi, di riconoscere quelle forme di occhio secco che sono determinate da un deficit di produzione, il che si verifica nelle malattie infiammatorie autoimmuni come la sindrome di Sjögren, l’artrite reumatoide (o lupus eritematoso sistemico), e nel corso di malattie infiammatorie cicatriziali, come il pemfigoide cicatriziale o la sindrome di Stevens-Johnson.

L’INTERVENTO PER LA CATARATTA SECONDARIA

La cataratta secondaria è un’opacizzazione della capsula che sostiene la lente intraoculare impiantata durante l’intervento di cataratta.
Per rimuovere l’offuscamento prodotto dalla cataratta secondaria, si interviene con un trattamento di  laser YAG, forando la capsula posteriore.
Il trattamento laser viene eseguito ambulatorialmente alla lampada a fessura dopo avere dilatato la pupilla con un collirio, è indolore e ottiene un totale recupero della qualità visiva. Il paziente dovrà instillare un collirio antiinfiammatorio per qualche giorno dopo l’intervento.

L’INTERVENTO PER ALTA MIOPIA, IPERMETROPIA, ASTIGMATISMO

Nei casi in cui vi siano difetti visivi come miopia, ipermetropia e astigmatismo, troppo elevati per poter esser corretti con un trattamento laser, si presentano due alternative.

1 – L’impianto di una lente intraoculare mantenendo integro il cristallino naturale (cd. impianto di lente fachica)
Questo intervento presenta il vantaggio di mantenere intatta la funzione dell’accomodazione, ossia la capacità che hanno le persone giovani di mettere a fuoco le immagini da vicino, ed è da prendere in considerazione in età giovanile, quando la funzione accomodativa è ancora efficiente, non oltre i 35 anni di età.
Diversi sono gli interventi chirurgici a seconda del modello della lente e della sede di impianto prevista.
Lenti che vengono impiantate in camera anteriore e fissate al tessuto irideo (lenti ad enclavazione iridea).
Lenti da camera posteriore che vengono impiantate tra iride e cristallino.
L’intervento di impianto di lente fachica viene eseguito in day surgery ed è indolore.
L’occhio viene anestetizzato con un collirio.
Il recupero visivo è molto rapido.
Non in tutti i casi è possibile impiantare una lente fachica.
In base all’entità del difetto da correggere e alle condizioni dell’occhio, il chirurgo oculista valuterà l’indicazione a questo intervento.

2 – La facoexeresi refrattiva
Consiste nell’asportazione del nucleo del cristallino e nella sua sostituzione con una lente intraoculare.
Detto intervento è da riservarsi ai casi in cui la capacità di messa a fuoco da vicino (cd. accomodazione) è marcatamente ridotta o esaurita, e comunque non va eseguito prima dei 40 anni.
Si possono correggere miopia, ipermetropia e difetti astigmatici anche molto elevati impiantando lenti toriche; inoltre, si può ottenere una visione nitida anche per media distanza o vicino impiantando lenti intraoculari multifocali o a profondità di fuoco costante (lenti EDOF).
L’intervento chirurgico è lo stesso che si esegue nell’asportazione della cataratta.
In questo caso, però, non viene asportato un nucleo di cristallino opacizzato, bensì un nucleo trasparente.
E’ un intervento eseguito in anestesia locale con anestetico in collirio ed è indolore.
Il recupero visivo è molto rapido, e dopo qualche giorno si può riprendere a svolgere le proprie attività abituali.

L’INTERVENTO LASER IPERMETROPIA

L’ipermetropia può essere corretta con tecniche laser PRK o LASIK, anche se generalmente per la correzione dei questo difetto si usa la tecnica LASIK.
i valori d’ipermetropia che si possono correggere con il laser dipendono dallo spessore, ma soprattutto dalle curvature della cornea.
La correzione dell’ipermetropia ottiene buoni risultati per valori che non superano le 4-5 diottrie; inoltre, la curvatura centrale della cornea dopo il trattamento non deve superare i valori di 48-49 diottrie.
Nella correzione laser dell’ipermetropia la cornea assume una curvatura tale da favorire un miglioramento della visione da vicino, per cui correggendo l’ipermetropia dopo i 45 anni, quando vi sono difficoltà anche nella visione da vicino, al contrario della miopia, si ottiene un sensibile miglioramento della visione da vicino, a differenza di quanto succeda correggendo la miopia alla stessa età.
L’intervento di correzione laser è un intervento ambulatoriale della durata di alcuni minuti ed è indolore. 
L’anestesia viene eseguita con anestetico in collirio e l’intervento richiede che il paziente sia collaborativo.
Con l’intervento di PRK si ha un recupero visivo che permette di riprendere le abituali attività come leggere o guidare dopo 8-10 giorni, mentre con l’intervento di LASIK il recupero è pressoché immediato ed è possibile svolgere queste attività già dopo 1-2 giorni.
Dopo l’intervento il paziente dovrà instillare colliri per qualche mese e proteggere gli occhi dal sole con occhiali scuri.
Occorre ricordare che dopo la correzione dell’ipermetropia, qualunque sia la  tecnica utilizzata, è possibile attraversare una fase di miopizzazione, ovvero un periodo transitorio in cui è migliore la visione per vicino che quella da lontano.

Quando l’ipermetrope ricorre alla chirurgia laser? 
L’ipermetropia, soprattutto se non molto elevata, si manifesta in tutta la sua entità in età adulta, quando l’accomodazione (il meccanismo che ci permette di mettere a fuoco da vicino e che il soggetto ipermetrope usa anche per la visione da lontano) comincia a venir meno, di solito intorno ai 40 anni.
In questo momento il soggetto ipermetrope avverte la sensazione di non vedere più come prima anche utilizzando gli occhiali che aveva sempre utilizzato; egli avverte difficoltà prima nel vedere nitido da vicino e poi anche lontano, unitamente ad una sensazione di affaticamento nel guardare.
E’ di solito in questo momento che l’ipermetrope sente la necessità di correggere in modo definitivo il difetto.
Per ulteriori informazioni sulla chirurgia laser e sulle tecniche PRK e LASIK si veda la sezione: intervento laser PRK, LASIK, SMILE.

L’INTERVENTO LASER ASTIGMATISMO

L’astigmatismo può essere corretto con le tecniche laser PRK o LASIK.
L’astigmatismo può essere corretto con la chirurgia laser se è un astigmatismo regolare. Non possono essere corretti con queste tecniche gli astigmatismi irregolari che sono causati da malattie degenerative della cornea, come il cheratocono.
L’astigmatismo spesso si presenta associato a miopia o ipermetropia.
Se ciò si verifica, entrambi i difetti vengono corretti nello stesso intervento.
I valori di astigmatismo che si possono correggere con il laser dipendono dallo spessore, delle curvature della cornea e dal diametro della pupilla.
Di solito, si possono correggere con il laser fino a 4-5 diottrie di astigmatismo.
L’intervento di correzione laser è un intervento ambulatoriale della durata di alcuni minuti ed è indolore. 
L’anestesia viene eseguita con anestetico in collirio e l’intervento richiede che il paziente sia collaborativo.
Con l’intervento di PRK si ha un recupero visivo che permette di riprendere le abituali attività come leggere o guidare dopo 8-10 giorni, mentre con l’intervento di LASIK il recupero è pressoché immediato ed è possibile svolgere queste attività già dopo 1-2 giorni.
Dopo l’intervento il paziente dovrà instillare colliri per qualche mese e proteggere gli occhi dal sole con occhiali scuri.
La  scelta di quale intervento eseguire verrà fatta dal chirurgo oculista in base all’entità del difetto da correggere, alle curvature e allo spessore della cornea, allo stato della superficie oculare, alle abitudini di vita e all’età del paziente.

Per ulteriori informazioni sulla chirurgia laser  e sulle tecniche PRK e  LASIK si veda la sezione: intervento laser PRK, LASIK, SMILE.

INTERVENTO PER DISTACCO DI RETINA DALL’ESTERNO

(CERCHIAGGIO)

Nell’intervento per distacco di retina dall’esterno il riaccollamento della retina viene ottenuto spingendo dall’esterno la sclera e l’epitelio pigmentato contro la retina, e spingendo dall’interno la retina contro l’epitelio pigmentato e la sclera.
La spinta dall’esterno viene prodotta posizionando intorno al bulbo oculare una fascia di materiale inerte ed elastico (chiamato cerchiaggio), che, una volta stretto, riduce il diametro del bulbo oculare, e applicando, in corrispondenza della rottura, un ulteriore inserto che spinge più in profondità la sclera (piombaggio).
La spinta dall’interno viene ottenuta iniettando nell’occhio un gas, più leggero dell’umor vitreo (e che tende, quindi, ad andare verso l’alto), il quale, una volta posizionata correttamente la testa del paziente, esercita una pressione sulla retina spingendola contro l’epitelio pigmentato e la sclera.
Il contatto tra i due tessuti non è sufficiente a garantire un’adesione duratura tra retina ed epitelio pigmentato.
Affinché tale adesione venga mantenuta, è quindi necessario che a livello della rottura si generi una fibrosi cicatriziale tra le due strutture.
Ciò viene ottenuto creando una cicatrice attraverso un procedimento di criocoagulazione (applicazione del freddo).
Per far sì che la fibrosi cicatriziale divenga efficace, sono necessari alcuni giorni in cui i due tessuti, retina ed epitelio pigmentato, devono rimanere a contatto.
Ciò è assicurato dalla spinta del gas che permane alcuni giorni prima di riassorbirsi spontaneamente.
In tale periodo di tempo è necessario che il paziente operato mantenga una posizione del capo tale da permettere una spinta efficace del gas.
L’intervento di distacco può essere eseguito in anestesia locale o in anestesia generale.
La decisione se operare un distacco di retina con un intervento dall’esterno o con un intervento di vitrectomia viene presa dal chirurgo oculista in base alle caratteristiche del distacco, al numero, alle dimensione, alla localizzazione e alla visibilità delle rotture.
Il recupero dell’acuità visiva dopo l’intervento di distacco può essere completo o parziale, soprattutto se il distacco ha coinvolto la parte centrale della retina, la cd. macula.
Generalmente, la deformazione del bulbo oculare prodotta dal posizionamento del cerchiaggio e del piombaggio causano un aumento di miopia e astigmatismo.

L’INTERVENTO DI CATARATTA

La terapia della cataratta è esclusivamente chirurgica.
La scelta del momento in cui operare viene fatta dal medico con il paziente, tenendo conto delle esigenze quotidiane del paziente.
La cataratta deve essere operata quando costituisce un ostacolo allo svolgimento delle abituali attività come guidare o vedere correttamente la sera.

Chirurgia della cataratta
L’intervento di cataratta consiste nella  rimozione del nucleo del cristallino opacizzato (cataratta), il quale viene sostituito con una lente intraoculare artificiale che viene alloggiata all’interno del sacco capsulare del cristallino originario.
L’intervento viene eseguito al microscopio operatorio.
E’ un intervento veloce che consente il ritorno a domicilio appena eseguito l’intervento; è indolore, e l’anestesia viene eseguita con l’instillazione di un collirio.
L’intervento di cataratta consente un recupero funzionale molto rapido tanto che, molto spesso, il paziente operato già vede correttamente il giorno successivo all’intervento.
L’impianto della lente garantisce una corretta visione da lontano senza occhiali, se non vi sono importanti difetti astigmatici pregressi, mentre richiede l’uso di occhiali per vedere vicino.
E’ possibile correggere difetti come l’astigmatismo e la presbiopia impiantando lenti Premium Multifocali e Toriche.
Queste lenti consentono una visione nitida per lontano, intermedio e vicino, garantendo al paziente un’indipendenza dall’uso di occhiali.
La scelta di quale di queste lenti impiantare verrà fatta dal medico dopo un colloquio e un’attenta analisi delle esigenze del paziente.

Lenti toriche
Le lenti toriche sono lenti che correggono il difetto astigmatico.
Esse possono essere impiantate per correggere modesti astigmatismi e garantire una visione nitida senza occhiali, così come per correggere astigmatismi molto elevati che sono fortemente invalidanti per l’acuità visiva.

Lenti multifocali
Le lenti multifocali hanno più fuochi (due o tre), che permettono di mettere a fuoco a diverse distanze: per lontano, per vicino (distanza di lettura) e per distanze intermedie (cucinare, guardare il cruscotto, leggere uno spartito musicale).
Esse garantiscono una visione buona da lontano, da vicino e nell’intermedio.
Esistono anche nella versione torica per pazienti astigmatici.

Lenti EDOF a profondità di fuoco estesa
Le lenti EDOF a profondità di fuoco estesa presentano un unico fuoco esteso che sostituisce i più fuochi delle lenti multifocali.
Queste lenti garantiscono un’ottima visione da lontano e per l’intermedio, ma sono meno efficienti delle lenti multifocali nella visione da vicino.
Esse, tuttavia, ottengono un’ottima acuità visiva anche in condizioni di bassa luminosità, come durante la guida notturna.
Si tratta di lenti indicate per le persone più giovani che si sottopongono all’intervento di cataratta e svolgono una vita particolarmente attiva.

Descrizione dell’intervento di cataratta
L’Intervento di cataratta prevede l’esecuzione di anestesia mediante instillazione di colliri.
Per accedere al cristallino viene praticata un’incisione in cornea di circa 2 millimetri che non necessita di punti di sutura.
Dopo avere eseguito un’apertura della capsula anteriore (capsuloressi), il chirurgo rimuove il nucleo del cristallino attraverso un processo di frantumazione e aspirazione, che viene eseguita con una sonda ad ultrasuoni (facoemulsificazione).
Alcune fasi dell’intervento, capsuloressi e suddivisione del nucleo, oggi si possono anche eseguire con il laser a femtosecondi.
L’ultima fase dell’intervento consiste nell’impianto di una lente intraoculare che viene alloggiata nel sacco capsulare.
Oggi si utilizzano lenti intraoculari pieghevoli, che vengono inserite con iniettori dedicati e che si allargano una volta entrate nell’occhio.
Ciò permette di non allargare la ferita chirurgica non provocando astigmatismo.
La ferita chirurgica di solito non necessita dell’applicazione di punti di sutura.

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