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Autore: Paolo Garimoldi

L’INTERVENTO DI ASPORTAZIONE DI PTERIGIO

Nell’intervento di asportazione dello pterigio il maggior rischio è rappresentato dalla possibilità che lo pterigio recidivi nel tempo.
Tra le varie tecniche di asportazione che sono state proposte, quella che garantisce una maggior sicurezza nella prevenzione della recidiva è l’asportazione associata a una rimozione ampia e radicale della membrana fibrovascolare sottostante.
La congiuntiva residua viene arretrata, e davanti a questa viene trapiantato con funzione di barriera un lembo di congiuntiva prelevato da un altro settore e incollato con colla di fibrina.
L’intervento viene eseguito in regime di day hospital in anestesia locale, ed è indolore.
Nel decorso post operatorio il paziente dovrà instillare colliri antibiotici/antinfiammatori e lacrime artificiali per circa 1 mese.

L’INTERVENTO DI ASPORTAZIONE DI CALAZIO

L’intervento di asportazione di calazio deve essere eseguito dopo che si è risolta la fase acuta/infettiva, per evitare la disseminazione dell’infezione della ghiandola di Meibomio al circostante tessuto palpebrale.
L’intervento viene eseguito ambulatorialmente con anestesia locale.
Dura circa 15-20 minuti e consiste nella rimozione del granuloma.
Nel caso in cui venga eseguito con approccio dall’esterno, vengono posizionati dei punti di sutura, che vengono rimossi dopo 8-10 giorni.
Se il calazio viene operato dall’interno, non è necessario rimuovere eventuale sutura la quale, nel caso in cui venga applicata, è una sutura riassorbibile.
Il decorso operatorio prevede il bendaggio per le prime  24 ore, e l’applicazione di pomata antibiotica e antinfiammatoria sulla ferita chirurgica fino alla rimozione della sutura se l’intervento è eseguito dall’esterno, l’installazione di un collirio se viene eseguito dall’interno.

INTERVENTO LASER PRK, LASIK, SMILE

La chirurgia refrattiva è la chirurgia finalizzata alla correzione dei difetti visivi cd. refrattivi: miopia, ipermetropia, astigmatismo e presbiopia.
A questo scopo, ci si può avvalere di tecniche laser, miranti a modificare la curvatura della cornea; e di tecniche chirurgiche, che comportano la sostituzione del nucleo del cristallino con l’impianto di lente intraoculare, o l’impianto di lente intraoculare conservando il cristallino (impianto di lente fachica).
Nel correggere un difetto refrattivo, la chirurgia laser, ove attuabile, è l’opzione da preferire, sia per la minore invasività, sia per la rarità delle complicanze.

Chirurgia refrattiva laser
La chirurgia laser utilizza il laser ad eccimeri, un laser che agisce con estrema precisione asportando sezioni di tessuto delle dimensioni di alcuni microns, rimodellando il profilo corneale secondo uno schema che viene precedentemente impostato in  funzione di dati che devono essere valutati dal chirurgo prima del trattamento.
Per eseguire un corretto intervento di chirurgia refrattiva, è essenziale eseguire un adeguato inquadramento del difetto da correggere.
Il trattamento di un difetto refrattivo mediante laser richiede una scrupolosa selezione, che tenga conto dell’entità del difetto da correggere, degli spessori corneali, dell’entità e della regolarità delle curvature della superficie della cornea, dell’assenza di segni di sfiancamento corneale, nonché dell’assenza di condizioni patologiche oculari e sistemiche, che possono influenzare in maniera negativa il decorso post operatorio.

Gli esami che il chirurgo oculista deve eseguire prima del trattamento sono:

  • valutazione della refrazione a pupilla normale e a pupilla dilatata
  • topografia corneale
  • pachimetria corneale
  • tomografia della cornea
  • aberrometria
  • pupillometria
  • visita oculistica con attenta valutazione delle condizioni oculari globali e, in particolare, della superficie oculare.

Criteri per una corretta scelta del trattamento
Sommariamente possiamo qui elencare i criteri che devono guidare la scelta del chirurgo nel proporre un trattamento di chirurgia refrattiva:

  1. La cornea deve mantenere certe caratteristiche geometriche.
    Non si può alterare eccessivamente la curvatura corneale senza peggiorare la qualità visiva.
  2. E’ essenziale che la cornea sottoposta a chirurgia refrattiva mantenga degli spessori sufficienti a garantirne la stabilità nel tempo, evitando una progressiva deformazione (ectasia), che può compromettere in modo grave la funzione visiva.
    Per tale ragione, vanno ricercati ed esclusi dal trattamento quegli occhi che presentano cornee con irregolarità di spessore e di curvatura, segni di potenziale instabilità corneale (cheratocono).
  3. Vanno esclusi dal trattamento occhi affetti da importanti alterazioni della lacrimazione e della superficie oculare per patologie oculari o sistemiche.

Quante diottrie si possono correggere con il laser?
La possibilità di correggere un difetto visivo di una determinata entità dipende dallo spessore e dai valori di curvatura corneale, dal diametro della zona ottica da trattare, nonché dal profilo di ablazione utilizzato dal laser.
Tenendo conto di queste variabili, si può affermare che mediamente i valori dei difetti refrattivi trattabili sono i seguenti:

  • miopia (fino a 8-9 diottrie)    
  • ipermetropia  (fino a 4-5 diottrie)
  • astigmatismo  (fino a 4-5 diottrie)
  • presbiopia (esistono profili di ablazione che ottengono una parziale correzione della presbiopia). I migliori risultati si ottengono quando la correzione della presbiopia è associata alla correzione dell’ipermetropia.

Tecniche di correzione laser dei difetti refrattivi
Esistono diverse tecniche utilizzate nella chirurgia laser per la correzione dei difetti visivi:

PRK
Con tale tecnica è possibile correggere miopia, ipermetropia e astigmatismo.
Nella PRK la cornea viene rimodellata con il laser ad eccimeri subito al di sotto dell’epitelio corneale, che viene asportato prima del trattamento laser.
E’ una tecnica sicura, consolidata, semplice da eseguire.
L’intervento dura pochi minuti, è indolore, l’anestesia viene eseguita con un collirio.
Dopo l’intervento viene posizionata una lente a contatto, che viene mantenuta fino a una completa ricrescita dell’epitelio, solitamente 3-4 giorni.
Il recupero visivo è progressivo (di solito si riesce a fare attività come leggere o guidare dopo una decina di  giorni).
Esiste la possibile comparsa di haze: temporanea riduzione della trasparenza corneale legata ad attività tessutale infiammatoria-riparativa.
Detta complicanza è, in realtà, un’evenienza molto rara con i moderni laser, e generalmente regredisce prontamente dopo un’adeguata terapia medica con colliri.

LASIK
Nella LASIK viene creato un lembo di tessuto di spessore definito con precisione di microns grazie all’uso di un secondo laser: il laser a femtosecondi (un laser in grado di generare delle bolle di gas tra la fibre corneali. In questo modo viene creato un piano di separazione all’interno della cornea).
Il lembo che rimane unito al resto della cornea per un arco di circonferenza viene sollevato, rimodellata la cornea con il laser ad eccimeri, ed infine riposizionato.
L’intervento di LASIK è indolore, ha una durata di circa 10 minuti, l’anestesia viene praticata con l’instillazione di un collirio.
Tale tecnica consente di non asportare l’epitelio della cornea, come invece avviene nella PRK.
Ciò garantisce un recupero quasi completo della qualità visiva già dopo 1-2 giorni, la completa assenza di dolore post operatorio, nonché la riduzione degli stimoli infiammatori provocati dall’assenza dell’epitelio.
In passato, il lembo della LASIK veniva ottenuto con uno strumento meccanico dotato di lama, chiamato microcheratomo.
Detto strumento, meno preciso e sicuro del laser a femtosecondi, può causare alcune complicanze, come taglio incompleto del lembo, taglio della cerniera e, soprattutto, lembi di spessori maggiori di quanto previsto, con eccessivo assottigliamento e conseguente indebolimento della cornea sottostante, e il rischio che nel tempo la cornea vada incontro alla comparsa di ectasia (deformazione del tessuto con alterazione delle caratteristiche geometriche, e decadimento della qualità visiva).
Oggi, la LASIK eseguita con il microcheratomo è una tecnica da considerarsi non più attuale e non sufficientemente sicura.

SMILE
Con questa tecnica è possibile correggere miopia e miopia associata ad astigmatismo.
Nella SMILE la variazione di curvatura della cornea viene ottenuta asportando dall’interno della cornea un lenticolo di tessuto ottenuto con il laser a femtosecondi.

Quali fra le diverse tecniche è preferibile utilizzare?
La LASIK garantisce un recupero più rapido della visione rispetto alla PRK e assenza di fastidio post operatorio; tuttavia, produce un maggior assottigliamento della cornea e una più lenta normalizzazione della lubrificazione della superficie oculare.
Tutte le tecniche elencate sono efficaci e sicure, purché venga posta la corretta indicazione chirurgica.
Sarà il chirurgo oculista -in base all’entità del difetto da correggere, alla valutazione delle curvature e dello spessore della cornea, alle condizioni della superficie oculare, all’età e alle abitudini di vita del paziente- a indicare e a scegliere con il paziente l’intervento più idoneo per lui.

Quali sono i tempi in cui è possibile riprendere le abituali attività?
Dopo essersi sottoposti all’intervento di PRK ci vogliono circa 8-10 giorni per poter riprendere attività come leggere o guidare l’automobile.
Di solito, si acquista un’ottima capacità visiva dopo 20- 30 giorni.
Per la LASIK, i tempi di recupero sono molto più rapidi.
E’ possibile riprendere queste attività dopo 1-2 giorni.
Per tutte le tecniche è possibile riprendere attività fisica o sportiva già dopo 8-10 giorni. Per le attività sportive svolte in acqua, è bene astenersi fino a un mese dall’intervento.
Occorre ricordare che dopo la correzione dell’ipermetropia, qualunque sia la tecnica utilizzata, è possibile attraversare una fase di miopizzazione, ovvero un periodo transitorio in cui è migliore la visione da vicino che quella da lontano.

INTERVENTI DI CHIRURGIA DELLA PALPEBRA

Per la correzione di difetti funzionali della palpebra come la ptosi, l’entropion e l’ectropion, esistono diversi interventi.
Il corretto intervento chirurgico viene individuato dal chirurgo oculista in funzione dell’entità del difetto e in base alla causa che lo ha prodotto.
Tutti gli interventi devono mirare a ristabilire i fisiologici rapporti anatomici delle palpebre con il bulbo oculare e la normale funzionalità nei movimenti delle palpebre.
In particolare, è fondamentale che la chirurgia non vada ad alterare la corretta chiusura delle palpebre, sia durante le ore di veglia che durante il sonno.
Un’incompleta chiusura delle palpebre, infatti, è causa di alterazione della normale dinamica delle lacrime la quale, a propria volta, provoca la formazione di erosione e di ulcere della cornea.
Gli interventi sulla palpebra vengono svolti in regime ambulatoriale con anestesia locale.
Dopo l’intervento, il paziente deve medicare la ferita chirurgica con pomate contenenti antibiotici e antinfiammatori fino alla rimozione dei punti di sutura.

L’INIEZIONE INTRAVITRELE DI ANTIVEGF E CORTISONICI

L’iniezione intravitreale è una modalità di somministrazione di alcuni farmaci, che vengono  iniettati in camera vitrea.
In questo modo, i farmaci che devono agire sulla retina, e comunque nella porzione posteriore dell’occhio, raggiungono concentrazioni più alte, e quindi maggiormente efficaci che se venissero somministrati in forma di collirio, pomate, per bocca o per endovena.
Vengono iniettati per via intravitreale i farmaci antiangigenici (anti VEGF), che vengono utilizzati nella cura della degenerazione maculare senile essudativa, dell’edema nella retinopatia  diabetica e nelle trombosi retiniche.
Inoltre, possono essere iniettati per via intravitreale cortisonici a lento rilascio utilizzati per la cura dell’edema nella retinopatia diabetica e nelle trombosi retiniche.
Questi farmaci hanno modificato in senso positivo il decorso di queste malattie, arrestandone il decorso e la progressione del deterioramento visivo, migliorando in alcuni casi anche in maniera importante la qualità visiva.
I protocolli d’utilizzo prevedono l’esecuzione di cicli di terapia, che spesso devono essere ripetuti.
L’iniezione richiede solo qualche minuto, e viene fatta ambulatorialmente; tuttavia, deve essere eseguita in ambiente sterile o in una sala operatoria, o comunque in ambiente con  i necessari requisiti di sterilità.
Il paziente dovrà instillare una soluzione antisettica in collirio qualche giorno prima dell’intervento e un collirio antibiotico nei giorni successivi.

L’IMPIANTO DI LENTE PER MACULOPATIA

In alcuni casi di maculopatia in fase cicatriziale, è possibile migliorare la visione da vicino e la capacità di lettura impiantando specifiche lenti intraoculari.
Il medico oculista, in base a esami specifici, può stimare, valutando il residuo visivo e l’estensione della maculopatia, il potenziale recupero della capacità di lettura e il miglioramento della visione da vicino.
L’intervento consiste nell’impianto di specifiche lenti che migliorano la visione da vicino, e può essere eseguito durante l’intervento di rimozione della cataratta, inserendo una lente intraoculare specifica che magnifica la visione da vicino, oppure anche dopo avere eseguito l’intervento di cataratta, inserendo una lente aggiuntiva che viene collocata davanti alla lente impiantata durante l’intervento di cataratta.
L’intervento viene eseguito in regime di day surgery ed è indolore.
L’anestesia è locale, e viene eseguita con l’instillazione di un collirio.
L’impianto di queste lenti permette di ingrandire l’immagine da vicino come visualizzato nell’immagine.
Ciò riduce il disturbo dato dalla presenza di un’area di non visione nel campo visivo (scotoma), prodotta dalla maculopatia.
Non tutti i pazienti affetti da maculopatia possono trarre un beneficio dall’impianto di queste lenti.
I candidati all’impianto sono i pazienti che sono in grado di utilizzare un’area di retina sana non troppo lontana dalla macula.
Ciò dipende da quanto estesa è l’area di retina ammalata.
L’oculista, per decidere correttamente l’impianto, deve eseguire alcuni test che permettono di valutare il potenziale miglioramento della qualità visiva.

L’IMPIANTO DI ANELLI CORNEALI

L’impianto di un anello nel tessuto corneale produce un appiattimento localizzato di un’area della cornea.
L’impianto degli anelli corneali può essere utilizzato per correggere la miopia e, in casi selezionati, per migliorare la qualità della visione nel cheratocono.
Il meccanismo attraverso il quale agiscono gli anelli corneali è quello di produrre un appiattimento della cornea.
Nel cheratocono, in cui la distorsione delle immagini deriva dalle irregolarità di curvatura che la cornea ha in zone diverse, si possono impiantare anelli di diverso spessore, che producono appiattimento  maggiore dove l’anello è più spesso e minore dove è più sottile. In questo modo, è possibile ridurre le differenze di curvatura nell’area centrale della cornea, migliorando la qualità della visione.
L’intervento di impianto degli anelli intracorneali viene eseguito utilizzando il laser a femtosecondi, un laser in grado di separare il tessuto della cornea creando lo spazio in cui inserire l’inserto, evitando la necessità di utilizzare strumenti taglienti.
L’intervento viene eseguito ambulatorialmente, dura pochi minuti, è indolore e l’anestesia viene eseguita instillando un collirio anestetico.
Non tutti i cheratoconi possono essere trattati con successo con l’impianto di anelli corneali.
Per ottenere risultati soddisfacenti, prima di procedere all’impianto, è necessaria una corretta valutazione del tipo di deformazione prodotta dal cheratocono e del suo grado di evoluzione.

IL CROSS LINKING CORNEALE

E’ una terapia conservativa che ha lo scopo di arrestare l’evoluzione del cheratocono.
Il trattamento di cross linking è indicato per il cheratocono che ha una tendenza a progredire, e che ancora conserva una buona qualità visiva con occhiali o specifiche lenti a contatto.
Al contrario, cheratoconi molto evoluti, che non possono migliorare se non attraverso un intervento di trapianto lamellare della cornea, non ottengono alcun vantaggio sottoponendosi a un trattamento di cross linking.
Il trattamento di cross linking rafforza la struttura della cornea, creando legami covalenti crociati (cross linking) tra le fibre collagene corneali.
Ciò si realizza irradiando con luce ultravioletta una vitamina fotosensibile, chiamata Riboflavina, che è stata precedentemente fatta penetrare all’interno della cornea e che, eccitata dalla luce ultravioletta, genera una reazione chimica ossidativa.
Il trattamento di cross linking è una procedura della durata di qualche decina di minuti, che viene eseguita in sala operatoria a paziente sveglio, con anestesia locale somministrata con l’instillazione di un collirio.

Si possono utilizzare due metodiche:

Tecnica Epi-off
E’ la tecnica di maggiore efficacia, che deve essere utilizzata nei casi che hanno maggior rischio di progressione: la cornea viene imbibita di riboflavina per alcuni minuti, dopo aver rimosso l’epitelio corneale, quindi viene sottoposta ad irraggiamento con raggi ultravioletti (Figg.1 e 2).
Alla fine dell’intervento viene posizionata una lente a contatto per consentire la ricrescita dell’epitelio.

Tecnica Epi on con iontoforesi
Tale tecnica sfrutta un campo magnetico generato da un campo elettrico, che favorisce una maggiore e più rapida penetrazione della riboflavina nello stroma corneale (Fig.3). 
E’ una tecnica meno invasiva, poichè non prevede l’asportazione dell’epitelio; tuttavia, ha una minore efficacia rispetto alla tecnica Epi-off.
E’ indicata nel trattamento dei cheratoconi con modesta evolutività, o in quelli con spessore corneale troppo fine per poter essere trattato con la tecnica Epi-off.

Effetti del trattamento
Il trattamento di cross linking è in grado di arrestare la progressione del cheratocono nella stragrande maggioranza dei casi; esso, inoltre, produce nel tempo un certo grado di appiattimento della cornea, che generalmente produce un modesto miglioramento della qualità visiva e rende più confortevole l’utilizzo delle lenti a contatto.
Le modificazioni indotte dal trattamento sulla struttura corneale sono direttamente evidenziabili con una tomografia a coerenza ottica (OCT), che mette in evidenza, alcuni mesi dopo, quanto profondamente è stata modificata la struttura della cornea (Fig.4).

Dopo il trattamento
Dopo aver eseguito il trattamento di cross linking, la cornea presenta inizialmente una lieve riduzione della trasparenza, che regredisce dopo qualche mese.
Dopo alcuni mesi dal trattamento, di solito, l’area più curva del cheratocono (apice) tende ad appiattirsi lievemente, migliorando un poco la qualità visiva.
Anche i pazienti portatori di cheratocono di una certa gravità ottengono spesso un significativo miglioramento della vista indossando appropriate lenti a contatto.
In alcuni casi, i pazienti che non possono portare le lenti a contatto possono ottenere un miglioramento della qualità visiva con un trattamento con il laser ad eccimeri a guida topo- aberrometrica, che ha lo scopo di ridurre le irregolarità della superficie anteriore della cornea.

A cosa serve il cross linking corneale?
Il trattamento di cross linking ha lo scopo di creare nuovi legami molecolari tra le fibre della cornea affetta da cheratocono arrestando in questo modo la progressione della malattia.

A chi è indicato il cross linking corneale ?
Il cross linking è indicato nei pazienti con cheratocono in fase evolutiva che possono ancora avere una buona capacità visiva.con gli ausilii necessari
Il cross linking viene anche usato nel trattamento delle infezioni della cornea con azione antibatterica.

Il cross linking può migliorare la qualità visiva nei cheratoconi  avanzati?
Lo scopo del trattamento è quello di impedire la progressione della malattia. Si realizzano nel corso di alcuni mesi delle modificazioni della superficie corneale con appiattimento della parte centrale della cornea a cui può corrispondere una riduzione della miopia e un lieve miglioramento dell’acuità visiva, tuttavia il trattamento non è in grado di restituire una buona qualità visiva nel caso in cui questa non sià ottenibile prima del trattamento anche con appropriate lenti a contatto.

Come si può migliorare la qualità visiva dopo aver eseguito il cross linking corneale ?
Un significativo miglioramento di solito si ottiene con l’utilizzo di specifiche lenti a contatto.
In alcuni casi , per pazienti che non tollerano le lenti a contatto, si può eseguire  una regolarizzazione della superficie corneale con il laser  al eccimeri. Nei casi di cheratocono più avanzato bisogna ricorrere al trapianto lamellare di cornea.

Qual è la tecnica di cross linkin più efficace?
La tecnica Epi off è  sicuramente la tecnica più efficace.  La tecnica  Epi on con iontoforesi è una tecnica di minore efficacia ed è da riservarsi ai casi di cheratocono con scarsa tendenza evolutiva perché presentano  età avanzata o a quei pazienti che non possono essere sottoposti alla tecnica epi off perchè presentano una cornea eccessivamente  sottile. La tecnica epi on è pressoché inefficac ed è stata abbandonata.

Il cross linking può essere eseguito in ospedale con il sistema sanitario?
Il cross linking può essere eseguito con il sistema sanitario in caso che sia documentata una progressione della malattia con incurvamento della cornea di almeno una diottria in un periodo di almeno 3 mesi.
Non sono molti i centri ospedalieri che erogano questa terapia.

L’OCCHIO SECCO

La cheratocongiuntivite da occhio secco è una condizione infiammatoria cronica che interessa la congiuntiva e la cornea, ed è causata da un’alterazione del film lacrimale, quel sottile e uniforme strato di lacrima che, in condizioni normali, ricopre la cornea, garantendole protezione e nutrimento.
Un’alterazione di questa componente priva la cornea delle corrette condizioni ambientali in cui avvengono gli scambi necessari al suo metabolismo, e della protezione contro agenti fisici irritanti: vento, polveri, luce intensa.
Quando ciò avviene, si attivano diverse molecole chiamate mediatori dell’infiammazione, che generano uno stato infiammatorio cronico.
La cornea può sviluppare una condizione di sofferenza del suo strato superficiale, l’epitelio, che perde la sua integrità.
Si possono produrre disepitelizzazioni dapprima di piccole dimensioni, poi di dimensioni più estese, fino a evolvere in ulcere vere e proprie che non interessano solo l’epitelio, ma coinvolgono anche gli strati più profondi della cornea.

Cause
L’occhio secco ha diverse cause:

  • Eccesso di evaporazione (la più diffusa).
    Il deficit del film lacrimale è dovuto a un’eccessiva rapidità dell’evaporazione della lacrima, che si verifica a seguito di una modificazione della componente lipidica della lacrima, il sebo, un grasso prodotto da piccole ghiandole localizzate vicino alle ciglia.
    Modificazioni  del sebo si verificano per processi infiammatori che interessano il bordo palpebrale (blefarite), molto comuni nelle persone anziane, e nelle persone affette da dermatiti atopiche o da acne rosacea.
  • Insufficiente produzione di lacrime.
    E’ una condizione che si verifica a seguito di danni alle ghiandole lacrimali in corso di malattie infiammatorie autoimmuni (sindrome di Sjögren, artrite reumatoide, o lupus eritematoso sistemico), in corso di malattie infiammatorie cicatriziali (ad es., pemfigoide cicatriziale, sindrome di Stevens-Johnson, tracoma).
  • Alterazione della normale innervazione della cornea o, nei casi più gravi, perdita completa della sensibilità corneale.
    Può essere transitoria o permanente e può essere provocata da: malattie infettive infiammatorie croniche dell’occhio (ad es. penfigoide oculare, cheratite erpetica recidivata); interventi chirurgici (ad es. trapianto di cornea,  interventi laser di correzione di difetti refrattivi, interventi chirurgici sulla parotide o interventi di asportazione di neoformazioni del nervo acustico a seguito di danni ai nervi cranici).
  • Non corretta chiusura delle palpebre, che puo’ verificarsi per:
    1. paralisi del settimo nervo cranico, dovuta ad interventi chirurgici sulla parotide o di asportazione di neoformazioni del nervo acustico.
    2. alterazione del bordo palpebrale, causata da entropion o ectropion della palpebra, alterazione dell’anatomia delle palpebre per esiti di traumi, asportazioni di lesioni tumorali, malattie infiammatorie cicatriziali che modificano il fornice congiuntivale (ad es. pemfigoide oculare).
  • Insufficiente chiusura degli occhi durante il riposo notturno (lagoftalmo notturno o paralisi di Bell o del nervo facciale).
  • Insufficiente frequenza di ammiccamenti che produce una non corretta ridistribuzione delle lacrima sulla cornea (ad es., nel morbo di Parkinson).
  • Modificazioni ormonali che si producono nelle donne nella menopausa, coinvolgendo sia la quantità che la qualità delle lacrime prodotte.

Sintomi
I sintomi includono prurito, bruciore, sensazione di corpo estraneo, occhio che punge, occhio che gratta o fastidio alla luce.
Possono anche comparire dolore acuto trafittivo, stanchezza o affaticamento degli occhi, offuscamento della vista.
Alcuni pazienti notano un’ipersecrezione lacrimale dopo una fase di irritazione grave.
I paziente affetti da un’eccessiva evaporazione della lacrima, tipicamente presentano secrezione e arrossamento il mattino.
Tipicamente, i sintomi possono variare in intensità e sono intermittenti.
Possono peggiorare la sintomatologia:

  1. prolungati sforzi visivi (ad es., leggere, lavorare al computer, guidare, guardare la televisione).
  2. ambiente secco, ventoso, polveroso o fumoso.
  3. alcuni farmaci sistemici tra cui isotretinoina, sedativi, diuretici, antipertensivi, contraccettivi orali e tutti gli anticolinergici (compresi antistaminici e molti farmaci gastrointestinali).
  4. disidratazione.

I sintomi si alleviano in giornate fresche, piovose o nebbiose, o in altri ambienti ad elevata umidità, come nella doccia.
L’annebbiamento visivo ricorrente e prolungato e la frequente e intensa irritazione possono compromettere la qualità della vita quotidiana.
Tuttavia, la compromissione permanente della vista è assai rara.
Nella cheratocongiuntivite secca la congiuntiva è iperemica, e vi sono spesso piccoli difetti puntiformi sparsi dell’epitelio corneale (cheratite puntata superficiale) e dell’epitelio congiuntivale, o di entrambi.
I pazienti spesso ammiccano con frequenza aumentata a causa dell’irritazione.
Un essiccamento grave, avanzato, cronico può provocare una significativa compromissione della vista a causa della cheratinizzazione della superficie oculare o di una diffusa perdita di epitelio corneale.
Questi fenomeni, se non curati, possono provocare  cicatrizzazione, neovascolarizzazione, infezioni, ulcerazione fino alla perforazione corneale.

Diagnosi
La diagnosi dell’occhio secco è clinica e si basa sulla valutazione dei sintomi e dell’aspetto clinico.
La colorazione con fluoresceina e con verde di Lissamina permettono di evidenziare lo stato di sofferenza e le lesioni della cornea.
Il test di Schirmer e il test del tempo di rottura del film lacrimale (Break up time) possono confermare la diagnosi e aiutare a ricercare le cause.

LA MIOPIA

La miopia è un difetto di refrazione in cui le immagini vanno a fuoco davanti alla retina (Fig.1 e Fig.2).
Nella maggior parte dei casi ciò è dovuto a un’eccessiva lunghezza antero-posteriore del bulbo oculare. 
E’ il vizio di refrazione più diffuso e colpisce circa il 25% della popolazione.
Spesso ha una trasmissione ereditaria. 
Nella miopia la visione è sfuocata da lontano e nitida da vicino.
La miopia compare di solito durante l’infanzia o l’adolescenza e progredisce durante il periodo della crescita.
Per correggere la miopia è possibile utilizzare occhiali, lenti a contatto o ricorrere alla chirurgia refrattiva.

Come si manifesta la miopia?
La miopia si manifesta con visione sfuocata da lontano

Prevenzione nella miopia
L’allungamento del bulbo oculare che si verifica nella miopia, in particolare nelle miopie elevate, comporta con maggiore frequenza la comparsa di degenerazioni regmatogene, ossia aree della periferia retinica assottigliate in cui, durante il processo fisiologico di distacco dell’umor vitreo, si possono produrre rotture retiniche che possono a loro volta provocare un distacco di retina.
Il miope presenta un rischio aumentato di distacco di retina rispetto alla popolazione generale.
E’ quindi consigliabile sottoporre gli occhi miopi, in particolare se miopi elevati, a periodici controlli della retina.

Come contrastare l’evoluzione della miopia
Ricerche recenti hanno dimostrato che una correzione completa del difetto miopico con occhiali o lenti a contatto riduce gli stimoli accomodativi che possano essere responsabili della progressione del difetto.
Altri studi scientifici hanno mostrato che alti livelli di dopamina, che si hanno in persone che svolgono attività fisica e sportiva, si associano a una minore progressione della miopia.
Infine, i sostenitori dell’ortocheratologia -tecnica in cui vengono indossate lenti a contatto notturne che modificano la curvatura della cornea- affermano che detta tecnica riduca la progressione della miopia diminuendo gli stimoli sensoriali sulla retina periferica, che sarebbero tra i fattori responsabili della progressione della miopia.

Come correggere la miopia
E’ possibile correggere un difetto miopico con occhiali, con lenti a contatto o con un intervento di chirurgia refrattiva.

Fino a che età progredisce la miopia?
Di solito la  miopia compare durante l’infanzia o nell’età dell’adolescenza. Generalmente più precocemente compare il difetto maggiore sarà l’evoluzione e l’entità del difetto finale anche se la progressione varia nei diversi casi. La progressione rallenta o si arresta terminata la crescita. A volte si assiste ad una modesta progressione dopo i 20 anni e nelle donne durante la gravidanza.

Gli occhi affetti da miopia presentano alcuni rischi rispetto agli occhi emmetropi?
Nel caso di miopia elevata il bulbo oculare presenta una struttura allungata. La retina di questi occhi spesso ha una struttura assottigliata ed in periferia  compaiono degenerazioni retiniche che predispongono alla formazione di rotture ed al distacco della retina. E’ importante che il miope elevato si sottoponga a periodici controllo della retina.

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